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L’Europa tra strategie e casi diplomatici

di Fabio Germani

Oltre alla riforma del mercato del lavoro, che in ogni caso potremmo annoverare tra le questioni per cui è stato chiamato in causa, il governo Monti è alle prese con diverse gatte da pelare a partire dalle recenti crisi diplomatiche che coinvolgono nostri partner strategici. Il caso di Franco Lamolinara, l’ingegnere italiano morto in Nigeria dopo il fallito blitz delle teste di cuoio britanniche, è avvenuto l’indomani di una stretta collaborazione tra Monti e Cameron in ambito comunitario. I due leader, infatti, sono stati i principali artefici della lettera a Bruxelles (insieme a Olanda, Estonia, Lettonia, Finlandia, Irlanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svezia e Polonia) in cui si richiedevano prospettive di crescita e di sviluppo sconfessando le politiche ultra-rigoriste di Germania e Francia. Ma anche se c’è ancora molto da chiarire sulla vicenda in Nigeria, i rapporti tra i due partner europei di certo non sono a rischio. A suggerirlo, interpellato da T-Mag sull’argomento, è Massimo De Leonardis, professore ordinario di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali e docente di Storia dei trattati e politica internazionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Gli spazi di manovra, avverte il professore, “sono di diversa portata”.
“Il caso Lamolinara – spiega De Leonardis – è un fatto doloroso, ma circoscritto, che non dovrebbe certo danneggiare un’intesa strategica sulla crescita economica. È vero che esso è il riflesso di un approccio tradizionalmente differente sul modo di affrontare i rapimenti, ma dopo le molte prove fornite dai militari italiani nelle missioni all’estero possiamo considerare del tutto superati i tempi di quando la stampa popolare britannica ironizzava sulle piume dei bersaglieri sbarcati a Beirut nel 1982. Inoltre va rilevato che nella Ue, al di là dell’asse franco-tedesco, che per ora resiste, ormai da tempo si vedono alleanze a geometria variabile su singole questioni. Non sopravvaluterei quindi la portata dell’intesa tra Monti e Cameron”.
Discorso a parte merita invece la vicenda dei marò italiani accusati di avere ucciso due pescatori indiani. Tra i Paesi dell’Unione europea, l’Italia è il quarto partner commerciale dell’India. Quanto può influire nei rapporti l’attuale alterco diplomatico? “Qui il caso è assai diverso – afferma il professore -, ci troviamo di fronte ad evidenti violazioni, da parte dell’India, del diritto internazionale. Ciò non deve peraltro sorprendere troppo, considerando che il diritto internazionale ha natura pattizia ed esprime i rapporti di forze esistenti nel sistema internazionale. A metà del secolo XIX per un’offesa assai meno grave ad un suddito britannico Lord Palmerston mandò una squadra navale ad Atene. Oggi l’India è una potenza di rilevanza mondiale; l’Italia no. Pragmaticamente c’è da sperare che, passate le elezioni in India, si troverà la soluzione per riportare in patria i nostri marinai. Dopo dovremo interrogarci seriamente sugli eventuali errori commessi dalla catena di comando che hanno portato alla consegna agli indiani di due nostri militari e studiare nuove regole che impediscano il ripetersi in futuro di simili episodi”.
Approfittiamo inoltre della disponibilità del professore per tracciare i nuovi confini europei. A luglio la Croazia sarà ufficialmente uno Stato membro dell’Ue mentre la Serbia ha ottenuto lo status di Paese candidato. Può risultare valido un parallelismo tra l’inclusione dei Paesi dell’ex Jugoslavia e quella in parte già avvenuta dei Paesi ex comunisti, sebbene la diversità delle fasi storiche? Quali contributi possono offrire i nuovi membri nel periodo di incertezza economica che sta attraversando l’Unione? “Sì – risponde De Leonardis -, sono due processi simili, che avvengono in fasi diverse solo perché la Jugoslavia è implosa drammaticamente e non pacificamente come la Cecoslovacchia. Non a caso la Slovenia, dove non vi fu guerra, è da tempo nella Nato e nella Ue. Sulla seconda domanda non limiterei il discorso al fattore economico. Come civiltà, Croazia e Serbia sono a pieno titolo parte dell’Europa ritrovata e forse possono dare un contributo importante, insieme agli altri Paesi dell’Est, per uscire dal deserto di valori che è l’Ue. Dal punto di vista economico bisogna prima vedere che fine farà l’euro”.
Dall’Ue alle tensioni in Medio Oriente, il passo è breve. In questi giorni si è ampliato il dibattito attorno alla questione dell’atomica iraniana. C’è chi paventa un possibile attacco preventivo di Israele. Un rischio reale? “Il rischio è certamente reale, ma forse non imminente. Non dovrebbe comunque materializzarsi prima delle elezioni presidenziali americane”, sostiene De Leonardis. “Molte voci, anche in Israele, sottolineano i rischi dell’opzione militare. Gli Stati Uniti hanno una grande forza negoziale e possono influire su Israele. L’Unione europea penso non abbia pressoché alcun ruolo”. Ma questa, conclude il professore, “non è una grossa novità”.

 

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