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Insoddisfatti, ci si sposa sempre meno

Italiani insoddisfatti della propria condizione economica: è il quadro a tinte fosche dipinto dall’Istat. Quasi sei su dieci, infatti, si dichiarano scontenti del proprio budget familiare. Il numero di persone che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatte della propria situazione economica è sceso al 42,8% quando un anno fa si attestava al 48,5%.
In Italia ci si sposa sempre meno, mentre aumentano le separazioni. Almeno questo è quanto emerge sempre dall’annuario statistico dell’Istat, secondo cui il matrimonio religioso resta la scelta più diffusa (60,2%) ma nelle regioni settentrionali quello civile nel 2011 prevale con il 51,7% rispetto al 48,3% di quello celebrato in chiesa. Nel Mezzogiorno, invece, chi si sposa preferisce celebrare il matrimonio in modo tradizionale, in chiesa (76,3%).
Ci si sposa sempre meno, dicevamo. Infatti, stando alle rilevazioni Istat, nel 2011 ne sono stati celebrati 208.702 matrimoni, quasi novemila in meno dell’anno precedente, con il tasso di nuzialità che passa da 3,6 a 3,4 per mille. Nel 2010, sono leggermente diminuiti i divorzi (-0,5%), mentre sono aumentate le separazioni (+2,6%). Cresce il numero di minori per i quali è stato stabilito l’affido congiunto, che si conferma la soluzione più diffusa sia in caso di separazione (89,9%) sia di divorzio (73,8%). Tale aumento comporta, di conseguenza, una diminuzione del ricorso alla custodia esclusiva alla madre, fino al 2006 la soluzione più frequente.
Aumenta la fecondità femminile, anche se si diventa mamme più tardi rispetto al passato. Nel 2011 il numero medio di figli per donna si attesta a 1,42 a livello nazionale, contro l’1,41 dell’anno precedente. Il Nord si conferma l’area geografica più feconda, dove si raggiunge la media più alta (1,48).
Discorso a parte merita il mercato del Lavoro, nel nostro Paese cresce il numero degli occupati. Tuttavia, l’incremento è dovuto all’aumento del numero degli occupati nelle fasce d’età comprese fra i 35 e i 54 anni (+143.000), e gli over 55(+151.000). Mentre tra i giovani (nella fascia d’età compresa tra i 15 e 34 anni) il numero delle persone con un’occupazione diminuisce sensibilmente: -3,2%, ovvero, 200 mila unità in meno.
La struttura produttiva italiana continua ad essere caratterizzata da una larga presenza di micro-imprese (con meno di 10 addetti), rappresentative del 94,8% delle imprese attive.
Diminuisce il numero degli iscritti sia alle scuole superiori(-24.145 unità) sia nelle Università (-6.400 unità).
Diminuisce anche il numero dei detenuti (nel 2011 sono stati 66.897, l’1,6% in meno dell’anno precedente), nonostante tutto il problema del sovraffollamento permane. Il rapporto tra reclusi presenti nelle case circondariali e posti letto disponibili continua ad essere a sfavore dei primi: ogni 100 posti letto, infatti, ci sono 146 detenuti.
Nel 2010 sono diminuiti (-0,3%) i reati denunciati all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia. L’unica tipologia di reato che registra un aumento è lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione (+21% rispetto al 2009) mentre calano del 19,4% le denunce per usura, del 10,2% gli omicidi volontari, del 23,3% quelli imputabili a organizzazioni di tipo mafioso e del 5,8% le rapine.
Le cose non vanno tanto meglio, invece, sul fronte socioeconomico. Il tasso d’inattività per la componente femminile è ancora troppo elevato sebbene il calo del 2011 (48,5% nel 2011 rispetto a 48,9% di un anno prima). La situazione più critica viene rilevata al Sud dove poco più di sei donne su dieci (in età lavorativa) non partecipano al mercato del lavoro.

 

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