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L’obiettivo è (anche) stimolare la crescita

di Fabio Germani

mario_draghiRiportare l’inflazione su livelli stabili e favorire la competitività delle imprese. Tanto può significare l’adozione del Quantitative Easing (QE) da parte della Banca centrale europea. Ma il presidente dell’istituto di Francoforte, da giorni, precisa che da sola la misura non basterà per la crescita dell’Eurozona.
Riforme strutturali e un allentamento della politica fiscale, rilanciare la domanda interna: sono le carte che i governi dovranno giocarsi nei prossimi mesi per agganciare il treno della ripresa. Molto più ora che i primi effetti della politica monetaria, con l’indebolimento dell’euro (ai minimi dal 2003), cominciano a farsi sentire.
Negli Stati Uniti la politica monetaria espansiva della Fed, che ha tra i suoi obiettivi quello di incentivare l’occupazione, ha rappresentato una spinta decisiva per l’economia, nonostante il recente rallentamento. Se nei mesi scorsi la crescita è avanzata oltre le aspettative adesso procede a velocità più contenuta a causa del rafforzamento del dollaro, del crollo del prezzo del petrolio e, in parte, dell’inverno particolarmente rigido. Tali circostanze, soprattutto l’apprezzamento del dollaro, rendendo le imprese meno competitive, hanno provocato un calo dell’export.
Nel caso europeo, tuttavia, il programma di acquisto di titoli di Stato, il QE appunto, deriva più che altro dalla fase deflattiva che interessa l’Eurozona da alcuni mesi (la deflazione è la diminuzione del livello generale dei prezzi a causa della debolezza della domanda di beni e servizi), con ripercussioni negative su produzione e occupazione. Attraverso il QE viene “creata moneta” dalle banche centrali con lo scopo di acquistare titoli di Stato, una strategia finalizzata a stimolare l’economia che di solito si applica quando i tassi di interesse sono molto bassi.
Nello specifico il programma della Bce prevede un intervento pari a 60 miliardi di euro al mese fino a settembre 2016, o comunque fino a quando l’inflazione non rienterà nei parametri contemplati dalla Bce (attorno al 2%). Se a sistema la misura si rivelerà credibile, allora si assisterà ad una maggiore circolazione di moneta anche nella concessione di prestiti a imprese e famiglie, scongiurando così il solito pericolo del credit crunch.
In questo senso gli spiragli sono positivi anche per quanto riguarda l’Italia. Dopo i buoni risultati registrati dall’industria, notizie confortanti arrivano dal mercato immobiliare. Dopo sette anni di calo, infatti, l’Agenzia delle entrate comunica che le compravendite nel corso del 2014 sono tornate a crescere: +1,8% rispetto al 2013. Nel quarto trimestre, in particolare, l’aumento è stato del 5,5%. A sostenere la ripresa sono gli acquisti di abitazioni con un ricorso a un mutuo ipotecario a +12,7% rispetto al 2013.

(articolo pubblicato il 5 marzo 2015 su Tgcom24)

 

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