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E’ ora di spegnere l’Auditel?

di Anna Mezzasalma

Sembra facile parlare di programma di successo o serie cult, ma nell’era di download, streaming e DVR come si definisce la popolarità di una trasmissione?

L’Auditel, che tutt’oggi determina vittorie e sconfitte nella lotta agli ascolti, quest’anno compie 25 anni di attività: un quarto di secolo che nel veloce mondo dei media inizia a farsi sentire.

Negli Stati Uniti, dove il metodo di rilevamento dati è molto vicino a quello italiano, la misurazione dello share inizia a traballare. L’approssimazione dei dati relativi ai telespettatori che il meter Nielsen (l’equivalente americano dell’Auditel) permette di calcolare sembra ormai anacronistica.

Certo bisogna fare una distinzione importante tra gli interessi del network e il reale successo di un programma. Per le emittenti rimane fondamentale conoscere il dato dei telespettatori live di un programma, dal momento che su questo investono gli inserzionisti pubblicitari. D’altra parte, i telespettatori non sono più un pubblico passivo e facilmente identificabile, tanto che scelgono non solo il programma da vedere ma anche le modalità con cui accedervi.

La Rete -con la diffusione dei file peer-to-peer e lo streaming-, le televisioni via cavo e il DVR (ovvero i sistemi che permettono di registrare i programmi per rivederli in un momento diverso da quello della messa in onda, saltando le interruzioni pubblicitarie) minano l’autorità del rilevamento dati in stile Auditel. Si verifica quindi una forte discrepanza tra i dati dell’utente televisivo ‘tradizionale’ e il ‘nuovo’ pubblico che sceglie vie di accesso alternative ai contenuti TV.

Emblematiche le sorti dei telefilm, produzioni spesso milionarie su cui le emittenti investono molto. Negli Stati Uniti non sono pochi i casi di serie sospese in anticipo per via degli ascolti troppo bassi e poi diventate veri cult per i telespettatori del web. ‘Heroes’, ad esempio, pur avendo superato i 5 milioni di download, è stato chiuso con mesi di anticipo perché poco amato dal pubblico televisivo; la Cbs, invece, ha trasmesso una sola stagione di ‘Three Rivers’, ma dopo la sospensione il telefilm si è riscattato con un buon successo in dvd. D’altra parte il successo di ‘Glee’ in televisione non è confermato dalla Rete, dove, poco più di un milione di utenti scarica le puntate del serial, mentre i telespettatori del piccolo schermo sono oltre 13 milioni. La stessa cosa accade con il cult vampiresco ‘True Blood’, che non riesce a raggiungere i 2 milioni di download mentre supera abbondantemente i 5 milioni di utenti TV. I dati, insomma, parlano chiaro: il mondo dell’intrattenimento si sta trasformando e le piattaforme alternative di accesso ai contenuti televisivi sono sempre più la normalità, proprio come lo è il telecomando.

In Italia questa realtà vive ancora una fase embrionale. Il pubblico dello Stivale continua a privilegiare il televisore come medium per fruire contenuti. Nel 2010, il mercato dei televisori è persino cresciuto, raggiungendo i 7milioni di pezzi venduti. Un incremento del 20% rispetto all’anno precedente, dovuto al processo di switch-off verso il digitale e alle numerose novità tecnologiche (dagli schermi al plasma e Lcd fino a quelli 3D), ma anche alla pesante assenza di modalità di accesso free al Wi-Fi e al fatto che la fibra ottica (che garantisce notevoli vantaggi, soprattutto rispetto alla velocità di navigazione) sia una delle modalità di accesso a Internet meno usate nelle case italiane. Secondo la ricerca del Ftth (Fiber to the home) Council Europe, che presenterà il proprio studio annuale a Milano il prossimo febbraio, il numero di italiani abbonati alle infrastrutture in fibra ottica è di appena 348mila, anche se in Italia le abitazioni cablate per la fibra ottica sono 2,5 milioni.

Gli Italiani non hanno ancora una reale facilità di accesso ai contenuti televisivi tramite la Rete, ma tecnologie e provider di contenuti sono tutti orientati verso il connubio TV-Internet, e se consideriamo che le tendenze d’Oltreoceano non tardano mai a raggiungere il Bel Paese, è facile prevedere un prossimo futuro all’insegna della crossmedialità.

Gli interessi commerciali e di marketing, quindi, avranno bisogno di trovare nuovi criteri di misurazione, capaci di sfruttare le potenzialità di questo connubio e del nuovo scenario che si sta delineando per quanto riguarda il pubblico. A queste esigenze sta già rispondendo Audiweb (joint industry composto dagli operatori del mercato, Fedoweb, associazione degli editori online, Upa, Utenti Pubblicità Associati e Assap Servizi, azienda di servizi di AssoComunicazione). L’Auditel di Internet si propone di seguire l’evoluzione del sistema di rilevazione dell’audience online. Considerato il particolare pubblico del web e le varie possibilità di accesso alla Rete, Audiweb ha studiato anche servizi particolari che verranno sviluppati nel 2011. Audiweb View, realizzato in collaborazione con Nielsen Online, il servizio che consente di visualizzare report sui dati di navigazione dell’intera offerta editoriale presente su internet. Audiweb Objects, invece, è dedicato all’analisi dei media digitali in senso lato, diversi dalla pagina web (dai video alle applicazioni, dai social network ai banner pubblicitari).

Il punto più delicato riguarda la messa a punto di una tecnologia ibrida in grado di individuare i palinsesti, quindi l’audience, esposti a determinati insiemi di contenuti rilevati dal software meter. I risultati che si otterranno saranno in termini di numero di fruitori dei contenuti video misurati, quantità di contenuti fruiti, segmentazione socio-demografica dell’audience video, benchmark tra contenuti diversi. In poche parole, l’Auditel sta per essere tradotto nel nuovo linguaggio videoevoluto.

Per gentile concessione de L’Indro

 

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