DIRITTI E FAVORI
Vivere in una città dovrebbe significare, in primo luogo, appartenere a una comunità, dove sono condivisi diritti e doveri, regole che fanno sì che la convivenza sia un valore positivo. Dovrebbe significare poter usufruire di servizi pubblici come il trasporto, la scuola, l’assistenza sanitaria, la gestione dei rifiuti, le aree verdi, le zone dove praticare sport… .
Dovrebbe significare poter partecipare allo sviluppo della città, fornendo il proprio contributo in termini di proposte ma anche con forme di cittadinanza attiva attraverso le associazioni, i comitati. Se la politica perde di vista questo modo di gestire la città e trasforma i diritti dei cittadini in favori da contrattare con le singole corporazioni si perde l’idea stessa di comunità: si innesca un meccanismo di scambio senza alcun vantaggio
per la collettività ma solo per i più forti. La mancanza di asili nido, il trasporto pubblico inefficiente, per fare degli esempi, non possono essere semplicemente scambiati con il ricorso alla spesa dei singoli: chi può permettersi di pagare gode di questi servizi e chi è escluso resta fuori. Soprattutto non può esserci un modo di gestire la città senza una visione, senza la capacità di programmare investimenti e crescita sociale e l’alibi per questo non può essere la mancanza di fondi. È questo l’elemento che colpisce di più di fronte alle dichiarazioni di chi propone di scambiare, con il voto al ballottaggio, il trasloco di due ministeri o il condono sulle multe. Città più sole, dove ciascuno conta meno, città impaurite e senza futuro.