Pd, tra referendum e Nuovo Ulivo. E Franceschini punta su Casini
I resoconti dei giornali hanno raccontato di una direzione nazionale del Pd piuttosto agistata. Non un tranquillo lunedì per Pier Luigi Bersani il quale ha dovuto fare i conti con le critiche di alcuni esponenti diAreaDem e di Arturo Parisi, tra i promotori del referendum anti-porcellum, che non ha certo mancato di far notare come molti (Bersani compreso) siano saliti sul carro dei vincitori l’indomani dell’incredibile successo della raccolta firme nonostante la quasi indifferenza in un primo momento all’iniziativa. Addirittura c’è stati chi ha paventato una richiesta di dimissioni al segretario da parte di Parisi, il quale ha in seguito spiegato: “Le mie frasi sono state fraintese. Ho espresso un giudizio negativo, ma non ho mai chiesto le dimissioni di Bersani”.
Da par suo Pier Luigi Bersani ha anche dettato l’agenda di ciò che il Pd dovrà proporre nel futuro immediato: “Il nostro orizzonte sono le elezioni ma non ci sottraiamo al governo d’emergenza, che aiuti a fare una nuova legge elettorale e a uscire dalla crisi. Intorno a noi vediamo tatticismi di ogni genere”. Sul fronte delle alleanze secondo il segretario del Pd sarà necessario “promuovere un incontro delle forze moderate e progressiste per la ricostruzione dell’Italia. Noi – ha quindi aggiunto – non abbiamo un pregiudizio di partenza su quello che chiamiamo nuovo Ulivo”.
Un concetto ribadito l’indomani dal capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini. Intervistato da Avvenire, Franceschini si dice certo di un Casini non più intenzionato a tornare nel centrodestra al di là di Berlusconi al quale, ad ogni modo, potrebbe sopravvivere il berlusconismo, “un gruppo di potere che resterebbe” tale.