Pdl e Lega, se Atene piange Sparta non ride
Tutto ruota attorno a Silvio Berlusconi e a Umberto Bossi. Il Pdl e la Lega sembrano più vicini di quanto non lo siano stati finora, ma procediamo con ordine. Da giorni i quotidiani raccontano di una fronda interna al Popolo della libertà, capeggiata per lo più da Claudio Scajoala e Beppe Pisanu. I cattolici, insomma, che vogliono riesumare in qualche modo la vecchia Dc. Tra smentite e (velate) conferme si era anche a lungo parlato di un documento che i “dissidenti” avevano in programma da presentare ai dirigenti del partito al fine di auspicare una “svolta” per il governo nonché una maggiore apertura all’interno dello stesso Pdl.
Ora tutto ciò andrebbe racchiuso in un contesto più ampio, da quando cioè Angelino Alfano fu nominato segretario politico del partito. L’ex guardasigilli non ha mai negato la volontà di costruire un contenitore in grado di coinvolgere tutti i moderati, una sorta di Ppe italiano. Tradotto in parole diverse, Alfano ha aperto costantemente all’Udc nella speranza di appianare le vecchie divergenze con i centristi di Casini. Questi ultimi però hanno una “pretesa”: il passo indietro di Berlusconi. Di qui il niet di Alfano (“accantonare Berlusconi è una soluzione impraticabile”) giunto proprio domenica durante un’iniziativa del Pdl a Saint Vincent organizzata da Gianfranco Rotondi.
Non solo. C’è Roberto Formigoni, da un lato, che da tempo auspica un nuovo candidato in vista del voto e c’è Gianni Alemanno, dall’altro, che “sconfessa” l’alleato leghista confidando in una prossima presa di distanza dal Carroccio. Come se non bastasse le divergenze interne alla maggioranza si fanno sentire non poco in chiave economica. Il pomo della discordia è l’eventuale condono tombale da inserire nel decreto sviluppo. Anche in questo caso, tutto ha avuto inizio da una serie di voci prontamente smentite da Palazzo Chigi nella giornata di venerdì. L’indomani, in un’intervista all’Avvenire, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti affermava la sua contrarietà all’ipotesi non fosse altro che non si può annunciare guerra all’evasione e poi proporre una scorciatoia ai trasgressori. Concetto ribadito da Luigi Casero, sottosegretario all’Economia (tra i contrari c’è anche Umberto Bossi). Alcuni esponenti del Pdl, però, si sono detti invece favorevoli. In particolare il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto.
All’appello mancherebbe infine un ulteriore terreno di scontro, quello relativo alla nomina del successore di Mario Draghi alla guida della Banca d’Italia. Saccomanni (direttore generale di Bankitalia, caldeggiato da Berlusconi) o Grilli (direttore generale del Tesoro, sponsorizzato da Tremonti e da Bossi) la quadra non è stata ancora trovata. E nelle scorse ore era spuntato un terzo nome: Giuliano Amato.
Se Atene piange, Sparta non ride. Anche il Carroccio ha i suoi problemi e i suoi malpancisti. Tra le polemiche a distanza con il presidente della Repubblica sullo status della Padania (esiste, non esiste) sono emerse una volta di più le discrepanze tra gli esponenti del cosiddetto “cerchio magico” (i fedelissimi del senatùr) e i maroniani. Entrambi gli schieramenti, per così dire, hanno costantemente negato una siffatta frattura, ma ciò che è accaduto a Varese nella giornata di domenica lascia se non altro più di uno spunto di riflessione. Il leader storico – Bossi – è stato infatti contestato aspramente. Motivo l’elezione senza votazione formale del nuovo segretario provinciale di Varese, Maurilio Canton. Quest’ultimo era stato “designato” da Bossi in persona ed è uscito vincitore per mancanza di concorrenti. Il neosegretario provinciale “preteso” da Bossi è stata una mossa che non è piaciuta a molti nella Lega. Nella notte è stato mostrato uno striscione con su scritto: “Canton segretario di chi? Di nessuno”. E qualcuno ha persino osservato come quella di domenica sia stata “la peggiore giornata della Lega”.
F. G.