E dopo come faremo?
Ma siamo pronti a stare senza di lui?
di Jacopo Tondelli
Ricordo esattamente la prima volta in cui ho sentito nominare Silvio Berlusconi. Meglio: la prima volta in cui quel nome ha rappresentato qualcosa per me, tanto da imprimerlo nella memoria di un bambino. Correva la stagione calcistica 85/86 e Giussy Farina scappò in Sudafrica, lasciando il Milan in balia di se stesso. Nelle campagne poco fuori Milano dove sono cresciuto, il cugino più grande che mi aveva insegnato a tifare per la prima squadra di Milano mi disse: “È un bel casino, speriamo che arrivi Berlusconi…”.
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