Le parole che sommergono i fatti sui costi della politica
Aggredire i costi della politica. L’imperativo delle ultime settimane è diventato un tormentone mediatico, che peraltro è ciclico. In alcuni periodi, difatti, si acuisce la campagna anti-sprechi con la pubblicazione di cifre, dati, editoriali. Nella circostanza le polemiche sono deflagrate con la pubblicazione del rapporto stilato dalla commissione Giovannini. Il presidente Istat, insieme ad altri esperti, ha studiato vari fattori economici di deputati e senatori italiani, raffrontandoli con i colleghi europei. Al di là delle cifre, l’aspetto comunicativo conferma un approccio ostile alla classe dirigente: i giornali, aizzando il sentimento dei cittadini, continuano a indicare come una “casta” i parlamentari e consiglieri. Il risultato è un generale discredito sulla politica, senza che ci sia un effettivo dibattito sulle spese della democrazia. I numeri, infatti, finiscono per essere sopraffatti dalle parole, innescando un meccanismo perverso di annunci e risposte. Che però fanno dimenticare i contenuti.
L’iper-comunicazione, dunque, sortisce un effetto negativo ai fini pratici: il “rumore” generato confonde lo scenario. E alla fine le soluzioni pratiche restano misteriose.
Nel contesto cosiddetto di antipolitica, peraltro, si verifica una posizione ingenua dei parlamentari, che a mezzo stampa tentano di minimizzare la questione. In alcuni casi c’è addirittura la denuncia di una campagna ingiusta, negando l’esistenza di privilegi. Una serie di messaggi che fa esplodere definitivamente qualsiasi chance di dialogo con i cittadini, sempre più irritati dalla distanza del Palazzo verso i problemi quotidiani.