Lo stile di vita e le condizioni delle famiglie italiane
Sono 59 milioni 464 mila i residenti in Italia al 9 ottobre 2011, secondo i primi risultati del 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, due milioni e 687 mila in più rispetto al censimento del 1991. L’aumento demografico è dovuto quasi interamente agli stranieri residenti che, quasi triplicati nell’ultimo decennio, risultano oggi tre milioni 770 mila (6,3 ogni cento residenti).
A ricordarlo è l’Istat, all’interno del rapporto annuale 2012.
Si vive sempre più a lungo, fa notare l’Istat: gli uomini in media 79,4 anni e le donne 84,5. In Europa soltanto gli uomini svedesi hanno una speranza di vita superiore, arrivando a 79,6 anni, mentre solo in Francia e in Spagna le donne sono più longeve delle italiane (85,3 anni in entrambi i paesi). Dal 1992 ad oggi gli uomini hanno guadagnato 5,4 anni di vita media e le donne 3,9 anni, soprattutto grazie alla riduzione della mortalità nelle età adulte e senili. Alla riduzione della mortalità per malattie del sistema circolatorio si deve un guadagno di 2,1 anni in entrambi i sessi, mentre la riduzione della mortalità per tumori maligni ha contribuito per 1,2 anni all’incremento della vita media degli uomini e per 0,6 anni a quello delle donne.
Continuano a nascere pochi bambini, nonostante la lieve ripresa osservata dalla metà degli anni ‘90. Nel 2011 il numero medio di figli per donna (1,42) deriva da valori pari a 2,07 per le residenti straniere e a 1,33 per le italiane. La geografia della fecondità si è rovesciata nel corso dell’ultimo decennio: oggi, le regioni più prolifiche sono quelle del Nord (1,48 figli per donna) e del Centro (1,38 figli per donna) dove è maggiore la presenza straniera, mentre nel Mezzogiorno si stimano solo 1,35 figli per donna nel 2011.
L’aumento della sopravvivenza e la bassa fecondità rendono l’Italia uno dei paesi più “vecchi”: attualmente si contano 144 persone di 65 anni e oltre ogni 100 con meno di 15, proporzione che era di 97 a 100 nel 1992. In Europa solo la Germania registra un valore più alto (154).
Nel 2011 il 50 per cento degli stranieri è originario di cinque paesi: Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina. Si accentuano i segnali del processo di integrazione e radicamento delle comunità. Quasi la metà degli oltre tre milioni e mezzo di cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti ha un permesso a tempo indeterminato. I matrimoni con almeno uno sposo straniero sono più di 25 mila nel 2010 (l’11,5 per cento di tutte le celebrazioni), più che raddoppiati dal 1992. Parallelamente le acquisizioni di cittadinanza per naturalizzazione e matrimonio (circa 40 mila nel 2010) sono decuplicate rispetto al 1992.
I nati in Italia da almeno un genitore straniero sfiorano i 105 mila nel 2010, quasi un quinto del totale delle nascite, dieci volte di più rispetto al 1992. Contemporaneamente aumentano le “seconde generazioni”, i minori stranieri residenti ammontano a 993 mila nel 2010 (il 21,7 per cento del totale dei cittadini stranieri residenti). Cresce costantemente la presenza nelle scuole di alunni con cittadinanza straniera: nell’anno scolastico 1994/1995 risultavano iscritti meno di 44 mila stranieri, valore inferiore a sei studenti ogni mille, nel 2010/2011 si arriva a quasi 711 mila, vale a dire 79 su mille.
Negli ultimi venti anni le famiglie italiane sono passate da 20 a 24 milioni, mentre i componenti sono scesi da 2,7 a 2,4. Sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli e le famiglie monogenitore, sono diminuite le coppie con figli. Le coppie coniugate con figli si sono ridotte al 33,7 per cento delle famiglie italiane nel 2010-2011 dal 45,2 per cento del totale delle famiglie del 1993-94; anche nel Mezzogiorno la famiglia tradizionale, ancora maggioritaria nel 1993-94 (52,8 coppie coniugate con figli per cento famiglie), rappresenta oggi poco più del 40 per cento.
Aumentano le nuove forme familiari: single non vedovi, monogenitori non vedovi, libere unioni e famiglie ricostituite coniugate; nel complesso si tratta di oltre sette milioni di famiglie (il 20 per cento del totale del 2010-2011), circa il doppio rispetto al 1993-1994, per un totale di 11 milioni e 807 mila individui. Le libere unioni sono quadruplicate in meno di vent’anni, nel 2010-2011 sono 972 mila. Le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili, in tutto 578 mila, hanno fatto registrare gli incrementi più sostenuti, 8,6 volte in più di quelle del 1993-94.
I giovani restano “figli” sempre più a lungo, tra 25 e 34 anni, quattro su dieci vivono ancora nella famiglia d’origine; il 45 per cento dichiara di restare in famiglia perché non ha un lavoro e/o non può mantenersi autonomamente. Si dimezza in vent’anni la quota di giovani che escono dalla famiglia per sposarsi. I matrimoni sono in continua diminuzione, poco più di 217 mila nel 2010, nel 1992 erano circa 100 mila in più; chi si sposa sempre più spesso sceglie il rito civile, soprattutto al Nord (48 per cento dei matrimoni) e al Centro (43 per cento).
Nel 37,9 per cento dei casi i matrimoni celebrati nel 2005-2009 sono stati preceduti da una convivenza, mentre erano appena l’1 per cento di tutti quelli celebrati prima del 1975. Ogni dieci matrimoni quasi tre finiscono in separazione, una proporzione raddoppiata in 15 anni; le unioni interrotte da una separazione entro dieci anni di matrimonio sono più che triplicate, passando dal 36,2 per mille matrimoni celebrati nel 1972 al 122,5 per mille nel 2000.
Il tasso di scolarità per le età 14-18 anni cresce di 24 punti percentuali: nell’anno scolastico 2010/11 poco più di 92 ragazzi su 100 risultano iscritti alla scuola secondaria di II grado. Sono 74 su 100 i giovani di 19 anni che ottengono un diploma, contro i 50 su 100 degli inizi degli anni Novanta, grazie soprattutto alla componente femminile. La partecipazione scolastica delle donne è ora superiore a quella degli uomini (93 e 91,5 per cento, rispettivamente) e le prime concludono più frequentemente dei secondi il percorso formativo (il 78 per cento delle ragazze ottiene il diploma, contro soltanto il 69 per cento dei ragazzi).