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La Giornata mondiale contro la tortura

di Matteo Buttaroni

Ricorreva mercoledì la Giornata internazionale dedicata alle vittime delle torture. Una pratica che, secondo il Rapporto 2012 di Amnesty International, si svolge ancora in 101 Paesi e soprattutto in casi di persone che hanno preso parte a manifestazioni o proteste contro i governi o i poteri.
La pratica è assai diffusa e testimoniata nel Medio Oriente, in Asia e nell’Africa Sub-Sahariana.
In Egitto, in Libia e in Tunisia la tortura è ancora presente nonostante i cambiamenti dovuti alle rivoluzioni della cosiddetta Primavera Araba.
Per quanto riguarda i rifugiati che arrivano in Italia, riporta ancora il rapporto, risulta che almeno uno su quattro ha subito torture.
Dai numeri risulta inoltre che il Consiglio italiano per i rifugiati, nel corso del 2011, ha assistito oltre tremila persone scampate alle torture e tutt’ora ha in affidamento almeno seicento famiglie sopravvissutre a tale pratica.
Ciò nonostante l’Italia è rimasta una dei pochi paesi europei che non ha ancora introdotto il reato di tortura e proprio per questo Amnesty International si è mobilitata insieme ad altre associazioni, come Antigone, per far sì che questo reato venga inserito nel codice penale italiano.
Secondo l’organizzazione che si batte per i diritti umani, la lacuna della giustizia italiana è “grave, incomprensibile e dolorosa” e deve essere colmata obbligatoriamente a seguito della ratifica del gennaio 1989 della Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite.
“Oltre alla mancanza di un nome appropriato di rilevanza penale per un comportamento così aberrante – si legge nell’appello -, l’assenza di un reato di tortura implica effetti giudiziari precisi come la comminazione di pene inadeguate e la conseguente prescrizione dei reati minori che vengono applicati in sua vece. Questa inadempienza è una delle principali cause della sostanziale impunità di cui hanno goduto i rei, e della giustizia negata per le centinaia di vittime delle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia durante il G8 di Genova del 2001, in particolare all’interno del centro di detenzione di Bolzaneto. Molti casi, negli 11 anni trascorsi dai fatti di Genova, hanno continuato a chiamare in causa le responsabilità delle diverse forze di polizia per uso eccessivo della forza, inclusi i maltrattamenti in custodia, e per utilizzo improprio delle armi. Quest’anno, le sentenze della Corte di Cassazione hanno confermato la condanna per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi e quella per l’omicidio volontario di Gabriele Sandri, mentre sono in corso i procedimenti per la morte di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi e Michele Ferrulli”.

 

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