I crimini contro l’umanità in Siria
Ventisette centri di detenzione sparsi per tutto il Paese. Ma anche stadi, scuole, basi militari, tutte strutture trasformate in prigioni all’indomani dello scoppio delle proteste nel marzo del 2011. Prigioni dove i carcerieri diventano torturatori e, a volte, carnefici. Questa è la Siria del presidente Bashar al Assad, almeno secondo la versione dell’organizzazione Human Rights Watch.
Nel rapporto multimediale pubblicato nella giornata di martedì, intitolato Torture Archipelago: Arbitrary Arrests, Torture and Enforced Disappearances in Syria`s Underground Prisons since March 2011, l’ong con sede a New York fornisce, oltre a una localizzazione geografica di questi 27 centri, anche dei racconti video di ex detenuti e disegni delle tecniche di tortura usate e riferite dai testimoni. Il regime di Damasco, accusa lo Human Rights Watch, si sta macchiando di “crimini contro l’umanità”.
Assad, nel reprimere le proteste scoppiate nella primavera dello scorso hanno, ha allestito ben 27 prigioni segrete che vengono gestite dalle quattro principali agenzie di intelligence note come “mukhabarat” e dove i detenuti “vengono picchiati, spesso con bastoni o fili elettrici”.
Ma il regime se vuole sa essere molto più brutale, sostengono le 200 persone intervistate dall’ong e che hanno subito sulla propria pelle, nel corso del loro periodo di detenzione in queste strutture, anche elettrochoc, abusi sessuali, strappo delle unghie, ustioni con gli acidi, ma sono stati anche costretti per molte ore in posizioni dolorose o umilianti.
Sofferenze provocate dai propri aguzzini, ma “i chiodi nelle orecchie – ha raccontato ad esempio un ragazzo di 31 anni, che è stato imprigionato in un centro nella provincia nordoccidentale di Idlib – erano la cosa più dolorosa. Impiegavano due fili collegati con una batteria da automobile per darmi scosse elettriche”.
E come se non bastasse, ma viste le premesse c’era da aspettarselo, le condizioni di questi centri di detenzione sono al limite della vivibilità: celle sovraffollate, cibo che scarseggia e l’assistenza medica che viene negata.
Sono duecento le persone intervistate dallo Human Rights Watch, ma molte altre devono aver perso la vita a causa delle torture. Almeno secondo quanto riferiscono i sopravvissuti. Inoltre, da sottolineare, che con la pubblicazione del rapporto, l’ong ha colto l’occasione per chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di deferire la situazione in Siria alla Corte penale internazionale (CPI) e di adottare sanzioni credibili e mirate nei confronti dei funzionari implicati negli abusi.