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La spesa al tempo della crisi economica

Il Report dell'Istat sui consumi delle famiglie

La spesa media mensile per famiglia nel 2011, pari a 2.488 euro, mostra un aumento, in valori correnti, dell’1,4% rispetto al 2010: l’aumento è più elevato per le famiglie con livelli di spesa più alti. Tenuto conto dell’errore campionario (0,7%), della variazione del valore del fitto figurativo (+2,1%) e della sostenuta dinamica inflazionistica (+2,8%), in termini reali la spesa risulta stabile. Le stime qui presentate sono, infatti, di tipo campionario e quindi soggette a un errore campionario che può rendere alcune differenze tra i valori osservati nei confronti spazio-temporali non statisticamente significative; di conseguenza, nell’interpretare i dati qui presentati è fondamentale considerare gli intervalli di confidenza delle stime.
Il valore mediano della spesa mensile per famiglia, cioè quello al di sotto del quale si colloca la spesa della metà delle famiglie residenti, è pari a 2.078 euro (+1,9% rispetto al 2010 in termini nominali) e conferma la stabilità osservata in termini di valore medio.
La spesa media per generi alimentari e bevande aumenta del 2,2% rispetto al 2010 (+2,4% il corrispondente aumento dei prezzi), attestandosi a 477 euro mensili. Crescono la spesa per carne, quella per latte, formaggi e uova e quella per zucchero, caffè ed altro.
La spesa non alimentare risulta, invece, stabile su 2.011 euro mensili: aumentano del 3,3% le spese per l’abitazione e diminuiscono del 5,9% quelle per abbigliamento e calzature.

Sempre più famiglie acquistano all’hard discount, soprattutto nel Mezzogiorno

Nel 2011, alla spesa per generi alimentari e bevande viene destinato, in media, il 19,2% della spesa totale, quota in leggero aumento rispetto al 19,0% del 2010. Tale aumento si osserva soprattutto nel Mezzogiorno, dove la spesa alimentare arriva a rappresentare il 25,6% della spesa totale (era il 25,0% nel 2010); in particolare, per la carne la quota sale dal 5,7% al 5,9%.
La maggior parte delle famiglie (il 67,5%) effettua la spesa alimentare presso il supermercato, che si conferma il luogo di acquisto prevalente, nonostante una lieve flessione (era scelto dal 69,4% delle famiglie nel 2010). Quasi la metà delle famiglie (il 47,7%) continua ad acquistare il pane al negozio tradizionale, il 9,7% sceglie il mercato per l’acquisto di pesce e il 16,4% per la frutta e la verdura. In aumento è la quota di famiglie del Mezzogiorno che acquista generi alimentari presso gli hard-discount (si passa dall’11,2% del 2010 al 13,1% del 2011), soprattutto pasta (dal 10,0% al 12,0%) ma sempre di più anche carne (dal 5,8% al 7,7%), pesce (dal 4,0% al 6,0%), frutta e verdura (dal 4,5% al 6,5%).
Il 35,8% delle famiglie dichiara di aver diminuito la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente: tra di esse, il 65,1% dichiara di aver ridotto solo la quantità, mentre nel 13,3% dei casi diminuisce anche la qualità.
Tra il 2010 e il 2011 risultano in contrazione, su tutto il territorio nazionale e in particolare nel Centro e nel Mezzogiorno, le spese destinate all’abbigliamento e alle calzature: da 142 euro a 134 euro; si riducono, anche a seguito della più bassa percentuale di famiglie che effettua l’acquisto, soprattutto le spese di abbigliamento e calzature per adulti.
La diminuzione della spesa per abbigliamento e calzature determina una contrazione della quota di spesa totale ad essa destinata, più forte nel Mezzogiorno, dove scende dal 7,5% al 6,6% e la spesa media mensile è inferiore a 125 euro. In quest’ultima ripartizione, circa il 17% delle famiglie dichiara di aver diminuito, rispetto all’anno precedente, la quantità di vestiti e scarpe acquistati e di essersi orientato verso prodotti di qualità inferiore (contro il 13% osservato a livello nazionale).
Continua a contrarsi anche la quota di spesa destinata all’acquisto di arredamenti, elettrodomestici, servizi per la casa (dal 5,4% del 2010 al 5,1% del 2011), in particolare mobili e oggetti per la casa.
Si riduce, inoltre, la quota relativa al tempo libero e alla cultura (dal 4,4% al 4,2%), a seguito della diminuzione delle spese per divertimenti, hobby, cinema, teatro e abbonamenti a giornali e riviste, e, in misura minore, la quota per altri beni e servizi (dal 10,3% al 10,2%); in quest’ultimo caso si tratta in particolare di spese per viaggi, onorari di professionisti e assicurazioni sanitarie e sulla vita.
In leggera diminuzione risultano anche le quote di spesa per combustibili ed energia (dal 5,3% al 5,2%) e per comunicazioni (dal 2,0% all’1,9%).
Crescono, anche per effetto dell’aumento dei prezzi, le quote di spesa destinate all’abitazione (dal 28,4% al 28,9%) e ai trasporti (dal 13,8% al 14,2%): le prime sono trainate dai marcati aumenti per le spese di affitto, per condominio e per i lavori di ristrutturazione, le seconde dalle spese per carburanti, assicurazioni veicoli, biglietti e abbonamenti ferroviari o per altri collegamenti extra- urbani.
Dopo una sostanziale stabilità tra il 2008 e il 2010, la quota di famiglie che occupano un’abitazione in affitto passa dal 17,2% del 2010 al 18,0% del 2011 a livello nazionale, attestandosi al 18,4% nel Nord (era il 18,2%), al 16,0% nel Centro (era il 14,4%) e al 18,8% nel Mezzogiorno (era il 17,6%).
La spesa media effettiva per il canone locativo varia fra i 439 euro delle regioni del Centro e i 291 euro del Mezzogiorno.
Tra le famiglie che vivono in abitazioni di proprietà (il 72,4% del totale, era il 73,6% nel 2010), il 16,0% paga un mutuo (era il 16,1% nel 2010). Questa voce di bilancio (che interessa circa 2 milioni 906 mila famiglie), pur non essendo una spesa per consumi (configurandosi piuttosto come un investimento), rappresenta un’uscita consistente pari, in media, a 514 euro al mese, che sale a 540 euro nel Centro.

 

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