La crisi della coppia? Avviene per lo più tra i 35 e i 44 anni | T-Mag | il magazine di Tecnè

La crisi della coppia? Avviene per lo più tra i 35 e i 44 anni

Pubblichiamo di seguito il report dell'Istat su "Separazioni e divorzi in Italia"

Nel 2010 le separazioni sono state 88.191 e i divorzi 54.160. Rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate di oltre il 68% e i divorzi sono praticamente raddoppiati. Tali incrementi, osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono, sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale. Per ottenere una misura efficace di questa propensione occorre rapportare le separazioni o i divorzi registrati in un anno di calendario, in corrispondenza delle diverse durate di matrimonio, all’ammontare iniziale dei matrimoni di ciascuna coorte. A partire dalla metà degli anni ’90 questi indicatori hanno fatto registrare una progressiva crescita della propensione a interrompere una unione coniugale: nel 1995 si verificavano in media circa 158 separazioni e 80 divorzi per ogni 1.000 matrimoni, nel 2010 si registrano, rispettivamente, 307 separazioni e 182 divorzi ogni 1.000 matrimoni.
Per l’analisi della geografia e delle principali caratteristiche dell’instabilità coniugale è utile fare riferimento alle separazioni legali, le quali rappresentano in Italia l’evento più esplicativo del fenomeno dello scioglimento delle unioni coniugali3 considerando che non tutte le separazioni legali si convertono successivamente in divorzi. A titolo di esempio si consideri che su 100 separazioni pronunciate in Italia nel 1998, poco più di 60 sono giunte al divorzio nel decennio successivo. Per i divorzi concessi nel 2010 l’intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva domanda di divorzio è stato pari o inferiore a cinque anni nel 67,8% dei casi.
Il fenomeno dell’instabilità coniugale presenta ancora oggi situazioni molto diverse sul territorio: nel 2010 si va dal valore minimo di 213,4 separazioni per 1.000 matrimoni che caratterizza il Sud al massimo osservato nel Nord-ovest (383,4 separazioni per 1.000 matrimoni). I cartogrammi seguenti consentono di apprezzare l’evoluzione del fenomeno a livello regionale confrontando i tassi di separazione totale del 2010 con quelli del 1995.
Nel 1995 solo in Valle d’Aosta si registravano più di 300 separazioni per 1.000 matrimoni mentre nel 2010 si collocano al di sopra di questa soglia quasi tutte le regioni del Centro-nord (con l’eccezione del Veneto, del Trentino-Alto Adige e delle Marche). In quest’area un incremento particolarmente consistente è stato registrato in Umbria (da 89,9 del 1995 a 351,0 separazioni per 1.000 matrimoni del 2010). Gli incrementi più consistenti, però, si sono osservati nel Mezzogiorno, dove i valori sono più che raddoppiati (ad esempio, si è passati dal 70,1 al 216,5 per 1.000 matrimoni in Campania e da 78 a 228,9 in Sicilia). Le regioni del Nord e del Centro – che partivano da livelli già sensibilmente più elevati – hanno fatto registrare, invece, tra il 1995 e il 2010 un incremento più contenuto, soprattutto al Nord, dove la variazione osservata è stata del 50%.

La crisi della coppia è massima tra 35 e 44 anni…

Nel 2010 all’atto della separazione i mariti avevano mediamente 45 anni e le mogli 42. Analizzando la distribuzione per età si nota come la classe più numerosa sia quella tra i 40 e i 44 anni per i mariti (18.452 separazioni, il 20,9% del totale) e per le mogli (19.063 pari al 21,6%). Solo dieci anni prima il maggior numero delle separazioni ricadeva nella classe 35-39.
Questo innalzamento dell’età alla separazione è il risultato sia della sempre maggiore propensione allo scioglimento delle unioni di lunga durata, sia di un processo di invecchiamento complessivo della popolazione dei coniugati, dovuto alla posticipazione del matrimonio. La drastica diminuzione delle separazioni sotto i 30 anni (sia per gli uomini che per le donne), ad esempio, è la naturale conseguenza della riduzione dei matrimoni nella stessa fascia di età: meno di un matrimonio su quattro vede attualmente entrambi gli sposi sotto i 30 anni. Più precisamente si tratta del 22,9% di tutti i matrimoni celebrati nel 2010, quota che sale al 26,5% se si fa riferimento solo ai primi matrimoni.

…ma non risparmia nemmeno gli ultrasessantenni

Parallelamente, sono andate aumentando, sia in valori assoluti sia percentuali, le separazioni delle classi di età più elevate, con almeno uno sposo ultrasessantenne. Nell’ultimo decennio le separazioni che riguardano uomini ultrasessantenni sono passate da 4.247 a 8.726 (dal 5,9% al 9,9% del totale delle separazioni). Per le donne ultrasessantenni, nello stesso periodo, si registra un valore più che raddoppiato delle separazioni: dalle 2.555 del 2000 (pari al 3,6%) alle 5.677 del 2010 (6,4%).

Crescono le separazioni per i coniugi con i titoli di studio più elevati

Nelle separazioni del 2010, la maggior parte dei mariti ha, come titolo di studio più elevato, il diploma di scuola media inferiore (40,3%) o di scuola media superiore (40,5%); per le mogli la distribuzione è simile, ma più sbilanciata a favore del diploma di scuola media superiore (44,2% rispetto al 34,6% di quello di scuola media inferiore). Il 15,2% delle mogli possiede un titolo universitario, contro il 12,7% dei mariti. Tale distribuzione è il risultato, in parte, del progressivo aumento del livello di istruzione della popolazione generale e, quindi, anche di quella dei coniugati.
Se si rapporta il numero di separati per sesso e titolo di studio alla popolazione con lo stesso titolo si ottiene un quoziente che misura la propensione a sciogliere il matrimonio (con una separazione) per livello di istruzione. Tale propensione è tendenzialmente più elevata per i titoli di studio più alti; aumentato a partire dagli anni ’90, questo fenomeno si è poi stabilizzato nell’ultimo decennio. Si consideri che nel 2010 si sono registrate 4,4 separazioni per 1.000 uomini con più di 16 anni e un alto livello di istruzione (laurea o altro titolo universitario) e solo 1,3 per coloro che hanno al massimo la licenza elementare contro un dato medio pari a 3,6 separazioni per 1.000 uomini con più di 16 anni (Figura 4); quindici anni prima le separazioni per 1.000 uomini con più di 16 anni e un alto livello di istruzione erano il 3,1, contro un valore complessivo pari al 2 per 1.000.
Andamento abbastanza simile si riscontra anche per le donne. Le mogli con un titolo di studio medio-alto (diploma di scuola media superiore e titolo universitario) sembrano mostrare una maggiore propensione alla separazione (4,5 per 1.000 contro un valore complessivo pari a 3,3 per 1.000 e allo 0,7 per 1.000 registrato tra le donne che hanno al massimo la licenza elementare) ed anche incrementi più consistenti: nel 1995, infatti, si avevano 2,9 separazioni per 1.000 diplomate e 3 per 1.000 laureate. Molto più stabile nel tempo appare, invece, il quoziente delle separate con titolo di studio basso che è passato dallo 0,5 per 1.000 del 1995 allo 0,7 per 1.000 del 2010.
La scarsa diffusione delle separazioni nel segmento della popolazione con il livello di istruzione più basso contribuisce a mantenere bassi i tassi di instabilità complessivi rispetto alla maggior parte dei paesi europei4 dove le persone con un titolo di studio non elevato si rivelano, invece, maggiormente a rischio di rompere il proprio matrimonio.
Analizzando la distribuzione congiunta per titolo di studio dei separati, si osserva una prevalenza di coppie con lo stesso livello di istruzione, dovuta alla forte omogamia che caratterizza gli sposi al momento dell’unione matrimoniale: a presentare lo stesso titolo di studio sono il 60,8% dei separati nel 2010. La quota di omogamia per titolo di studio si presenta abbastanza stabile nel tempo.

Nel 2010, la durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento di separazione è pari a 15 anni. Considerando per lo stesso anno i soli provvedimenti di divorzio, il matrimonio dura mediamente 18 anni.
La crisi coniugale coinvolge sempre più frequentemente le unioni di lunga durata: rispetto al 1995 le separazioni sopraggiunte dal venticinquesimo anno di matrimonio in poi sono più che raddoppiate, mentre quelle al di sotto dei cinque anni sono aumentate molto meno (da 12.752 a 15.589) (Prospetto 3). Questo fa sì che, in termini relativi, nel 2010 sia aumentata la quota delle separazioni riferite ai matrimoni di lunga durata (dall’11,3% al 17,1%) e diminuita quella delle unioni interrotte entro i 5 anni di matrimonio (dal 24,4% del 1995 al 17,7% del 2010).
Per una corretta interpretazione di questi dati si deve considerare che le separazioni registrate in un anno di calendario corrispondono a diverse durate di matrimonio e sono il risultato del comportamento di coppie che si sono sposate in anni diversi (coorti di matrimoni): di conseguenza, vanno messe in relazione anche al totale iniziale dei matrimoni di ciascuna coorte. Per capire come cambia la propensione a sciogliere le unioni in relazione alla durata del matrimonio occorre spostare l’ottica di analisi dall’anno di rottura a quello di inizio dell’unione, considerando la quota di matrimoni sopravviventi alle diverse durate per alcune coorti di matrimonio (Figura 5).
Dopo 10 anni di matrimonio sopravvivevano 954 nozze su 1.000 celebrate nel 1975 e 876 su 1.000 celebrate nel 2000; in altri termini le unioni interrotte da una separazione sono più che triplicate, passando dal 4,6% della coorte di matrimonio del 1975 al 12,4% osservato per la coorte del 2000.
Si osserva, inoltre, una decisa tendenza all’anticipazione delle separazioni man mano che si considerano le coorti di matrimonio più recenti. Ad esempio, alla durata di 5 anni, sopravvivono 942,6 matrimoni su 1.000 celebrati nel 2000; per scendere a un simile livello di matrimoni sopravviventi – procedendo a ritroso nelle varie coorti – la durata da considerare è di 7 anni per la coorte del 1990 e di 12 anni per la coorte del 1975.
Riassumendo, l’analisi per coorti di matrimonio mostra che sono in atto due variazioni molto evidenti: un sempre maggior ricorso alle interruzioni delle unioni coniugali ed una loro progressiva “anticipazione” rispetto alla durata del matrimonio. Naturalmente, i dati a livello nazionale sono la sintesi di comportamenti molto differenziati sul territorio. Spostando l’ottica su base regionale e mettendo, ad esempio, a confronto Lombardia e Sicilia (le due regioni più grandi del Nord e del Mezzogiorno), si vede che su 1.000 matrimoni celebrati nel 2000, a distanza di 5 anni i matrimoni sopravviventi sono rispettivamente 919,5 e 969,1 a fronte di un valore medio nazionale di 942,6. Per raggiungere questo stesso valore, inoltre, la coorte di matrimoni del 2000 in Lombardia ci impiega poco più di 3 anni, mentre in Sicilia sono necessari ben 8 anni (Figura 6).
Da notare, infine, la forte somiglianza tra la propensione a separarsi nei primi 10 anni di matrimonio tra la coorte dei matrimoni celebrati nel 2000 in Sicilia e quella dei matrimoni celebrati nel 1980 in Lombardia, come se ci fosse un “ritardo” di 20 anni nella diffusione di questi comportamenti dal Nord al Sud.

 

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