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Ogni maledetta domenica: festivo, addio

di Claudia Carmenati

Le partite di calcio non sono più un’esclusiva della domenica, sparite le pastarelle a pranzo perché siamo sempre, tutti, eternamente a dieta, gite fuori porta? Sempre meno, di domenica c’è traffico e guarda, dicono ci siano le code. Insomma, la domenica degli italiani è cambiata, tanti piccoli segnali, insignificanti sul momento, ma che sommati nel tempo hanno reso il giorno del riposo, della quiete nelle strade, delle saracinesche abbassate, della noia e del ciondolarsi alla ricerca di qualcosa da fare, un giorno come un altro: viviamo una settimana con due mercoledì, ma nessuna domenica. Il chirurgo che ha contributo alla mutazione definitiva del “festivo” in “feriale” è stato il decreto liberalizzazioni degli orari dei negozi: niente più vincoli d’orario, lo shopping non dorme mai. E vale anche per giorni festivi, come oggi.
C’è a chi, però, questa novità non va proprio giù. E’ il movimento Domenica, no grazie! che con lo slogan occupy sunday oggi nei centri commerciali italiani protesta contro il decreto Salva Italia. Chi aveva deciso di dare fuoco alle polveri degli acquisti natalizi, potrebbe trovarsi davanti picchetti, carrelli vuoti e inviti tipo “Vuoi andare al centro commerciale oggi? Fatti assumere!”. E’ stato così il 7 ottobre quando in contemporanea a Firenze, Treviso e Modena sono state organizzate le prime mobilitazioni delle commesse dei centri commerciali. “Il gruppo – spiega in esclusiva per T-Mag, Laura del movimento Domenica, no grazie! – è nato per caso qualche mese fa, con tre miei colleghi abbiamo cominciato a discutere di quanto ci sembrasse iniqua la legge sulle liberalizzazioni. Abbiamo condiviso questo pensiero in rete attraverso Facebook e nel giro di pochi mesi i contatti sono aumentati arrivando a più di 4.500 in tutta Italia. Sono nati e stanno nascendo altri gruppi Dng in ogni regione ai quali si affiancano altri gruppi simili”. E le istituzioni, come vedono queste proteste? “Stiamo tentando la via del dialogo, in Toscana per esempio il pesidente Rossi già in tempi non sospetti aveva espresso perplessità sulle aperture indiscriminate. La politica si è dimenticata di noi, aspettiamo un segnale: siamo disponibili a qualsiasi confronto, purché serio e costruttivo. Con l’applicazione della legge sulle liberalizzazioni molti diritti dei lavoratori del commercio sono stati cancellati. Nessuno controlla, nessuno vigila. Se andate a vedere i commenti sul gruppo Facebook, leggerete storie allucinanti. Per esempio commesse e commessi che non riescono a fare il turno di riposo infrasettimanale lavorando per 18 giorni consecutivi”.
Un movimento trasversale, che ad oggi non è sotto nessun protettorato, nemmeno sindacale. “Siamo un gruppo di lavoratori del commercio – dice Laura – che non si appoggia a nessuna sigla sindacale né politica. Nel gruppo ognuno ha la propria idea ma un grande, vero, comune denominatore: siamo tutti lavoratori del commercio che vogliono lottare concretamente contro questo attacco indiscriminato ai nostri diritti. In molti casi siamo obbligati a lavorare domeniche e festivi nonostante il contratto dica che la scelta è facoltativa. Perché forse non tutti hanno ben chiaro che una cosa è il contratto scritto e un’altra l’effettiva applicazione, spesso non applicazione, dello stesso”. Alla voce laica dei lavoratori si aggiunge un appoggio anche dalla Chiesa. “L’apertura domenicale degli esercizi commerciali non di prima necessità – dice in esclusiva a T-Mag, Mons. Domenico Pompili, sottosegretario e portavoce della Cei – è certamente una scelta dettata da interessi economici, intorno ai quali tra l’altro i pareri sono tutt’altro che concordi. Non manca, infatti, chi sostiene che i vantaggi riguardino solo alcuni (la grande distribuzione) a danno di altri (gli esercizi medio-piccoli). Senza entrare in questioni solo economiche, quel che è certo è che le conseguenze di questo tipo di scelte sulla qualità della vita delle persone non sono irrilevanti. A pagare il prezzo più salato è innanzitutto la famiglia, quella di chi è costretto a frequenti turni domenicali e si tratta soprattutto di donne, in molti casi anche mamme, con problemi sulla quantità del tempo da poter trascorrere insieme e sulla qualità delle relazioni”.
Sul web il dibattito è molto acceso sulla questione, c’è chi ritiene questa apertura h24 adeguata agli standard mondiali e sopratutto chi la vede come una forma di ammodernamento della società, che si rende più vicina ai ritmi frenetici metropolitani. Ci sono i nostalgici delle domeniche di un tempo, e chi invece vorrebbe anche la posta e le banche aperte nei festivi. C’è chi si arrabbia, come Roberto: “Cari – scrive – voi la domenica state a casa con la vostra famiglia? Beh vorrei starci anche io… La Pasqua l’avete festeggiata con i vostri cari? Io stavo in negozio. Il primo maggio eravate a fare la gita fuori porta? Beh, io ero in negozio. Ferragosto eravate al mare? Io ero in negozio. Non offro un servizio pubblico, vendo giacche. Non venite a parlarmi di aperture obbligatorie domenicali, festive o h24, mi potrebbero leggermente girare, grazie”.
Come dargli torto? Forse basterebbe un po’ di organizzazione nel menage quotidiano e una sana riscoperta delle alternative. O magari concedersi, in una società sempre più volitiva, un po’ d’ozio. “La domenica – conlude Mons. Pompili – è una soglia di libertà per tutti. Giacché preserva uno spazio che alimenta la vita sociale e crea i presupposti per coltivare quelle relazioni che strutturano la vita familiare e anche quella della nostra società che, per quanto liquida e in continua evoluzione, non cessa di mostrare il bisogno di incontrarsi, di dialogare, di condividere, di porsi le domande sul senso della vita. La domenica aiuta l’uomo ad incontrare se stesso, gli altri e Dio, dilatando lo spazio del vivere e lasciando che l’utile e il calcolo ceda finalmente il passo a ciò che è gratuito e, ultimamente, più necessario”. Amen.

 

1 Commento per “Ogni maledetta domenica: festivo, addio”

  1. Michele

    E’ tutto giusto e corretto , aggiungo un’altra cosa che non si è detta io ho una lavanderia a conduzione familiare e chi come me ha un negozio è costretto a tenere aperto e non si parla 5-7-9 ore qui si parla di lavorare 13 ore al giorno per tutti i santi giorni, adesso si parla anche del 26 dicembre di stare aperti , ma siamo pazzi?? e cosa succede se uno dei negozianti che ha a che fare con la clientela dal troppo stress accumulato gli risponde male?? Io come tanti ( negozianti ) è dal 10 novembre 2011 che non faccio un santo giorno di riposo e non mi dite assumete perchè tra le tasse e tutto il resto è impensabile e poi vi farei vedere io cosa guadagno la domenica a tenere aperto … e tutti i grandi capi lo sanno visto che pretendono corrispettivi ogni tre mesi…,aggiungo ancora una cosa, anche noi comuni mortali abbiamo una casa …secondo voi quando la puliamo??’ quando staremo un pò insieme con i nostri cari??? Odio sentirmi dire beato te che hai un lavoro ( sono uno di quelli che ha rischiato un investimento in questo periodo di crisi ) ma non per questo dobbiamo diventare schiavi di questi grandi colossi, perchè alla fine questo siamo diventati, e nessuno fa nulla , c’è un ricorso da varie regioni alla corte costituzionale , dovrebbero dare un verdetto il 7 novembre, ma guarda un pò gira voce che è slittata verso marzo, CASO VUOLE SIAMO VICINI ALLE ELEZIONI, e poi dicono che è un caso. Spero si smuova qualcosa che qui davvero non ce la facciamo più a queste condizioni.

    N.B. Noi negozianti anche se paghiamo affitto e spese varie non siamo liberi di chiudere anche se il giorno domenicale incassiamo 40 euro nell’arco della giornata causa multa , e qui parliamo di oltre 500 euri , EVVIVA LA LIBERTA’ DI SCELTA E DI PAROLA

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