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Siglato l’accordo sulla produttività

Nella serata di mercoledì il governo e le parti sociali hanno siglato l’accordo sulla produttività. Si tratta, in soldoni, di un patto che fissa le “linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia”. All’accordo hanno aderito Abi, Ania, Confindustria, Alleanza Cooperative, Rete imprese Italia, Cisl, Uil e Ugl, ma non la Cgil, che è rimasta ferma sulle posizioni già espresse a settembre. A detta della leader della Cgil, Susanna Camusso, “è stata scelta una strada sbagliata per cui il contratto nazionale non tutelerà più il potere d’acquisto dei lavoratori”.
“Il punto più critico dell’accordo – ha aggiunto Camusso – è che abbassa i salari reali. Il governo scarica sul lavoro i costi della crisi e le scelte per uscire dalla, crisi abbassando i redditi da lavoro”. Nonostante una posizione così netta, il governo auspica che presto possa aderire anche la Cgil.
“L’accordo – spiega una nota di Palazzo Chigi – conclude un percorso iniziato il 5 settembre con l’incontro tra il governo e gli imprenditori e poi proseguito l’11 settembre con le organizzazioni sindacali. In tali incontri, il presidente del Consiglio, Mario Monti, aveva sollecitato l’impegno a migliorare il livello della produttività del lavoro in Italia, innalzare la competitività e l’attrattività degli investimenti. A questo fine aveva incoraggiato il confronto tra le parti sociali, condividendone lo spirito e gli obiettivi. Per questo il governo ha proposto nella legge di Stabilità uno stanziamento complessivo di 1,6 miliardi di euro per il periodo 2013/2014 per la detassazione del salario di produttività, stanziamento che si è poi ulteriormente esteso nel tempo e rafforzato a 2,1 miliardi per effetto degli emendamenti approvati alla Camera, ponendo come condizione per erogare questi incentivi finanziari che le parti trovassero un accordo adeguato a tali finalità”.
“Negli ultimi anni, e in particolare dopo la crisi – viene ulteriormente sottolineato –, lo sviluppo dell’economia italiana ha registrato ritmi di crescita inferiori rispetto ai partners europei e internazionali con effetti negativi sull’occupazione. Ne hanno subito le conseguenze i lavoratori, le imprese, le famiglie e i giovani: meno posti di lavoro, minori retribuzioni reali, minori consumi, redditività più bassa delle imprese, una più elevata pressione fiscale e risorse carenti per la solidarietà, l’istruzione e la ricerca. Per questo motivo la produttività e la modernizzazione sono di cruciale importanza nell’agenda di governo del Paese. La modernizzazione degli apparati produttivi, la rimozione dei vincoli allo sviluppo, il riequilibrio del sistema di prelievo fiscale e gli incentivi agli investimenti privati sono fondamentali per la ripresa dell’economia, dell’occupazione e del benessere sociale, oltre che per consentire un più solido equilibro di bilancio”.

Ma in cosa consiste l’accordo? Sempre il governo fornisce un “bignami” su quelle che saranno le linee guida:

• attribuisce alla contrattazione collettiva nazionale, la cui funzione è quella di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori rientranti nel settore di applicazione del contratto, l’obiettivo mirato di tutelare il potere di acquisto dei salari assicurando che la dinamica degli effetti economici, superata ogni forma di automatica indicizzazione, nei limiti fissati dai principi vigenti sia sempre coerente con le tendenze generali dell’economica, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e degli andamenti specifici del settore;

• valorizza la contrattazione di secondo livello affidandole una quota degli aumenti economici eventualmente disposti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali con l’obiettivo di sostenere, negli specifici contesti produttivi, efficaci e mirate misure di incremento della produttività;

• consente di adeguare la regolamentazione contrattuale dei rapporti di lavoro alle esigenze degli specifici contesti produttivi di riferimento, anche con riguardo alle materie che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro;

• contiene, tra l’altro, l’esplicito impegno delle Parti firmatarie ad affrontare in sede di contrattazione, in via prioritaria, le tematiche relative all’equivalenza delle mansioni, all’organizzazione del lavoro, all’orario di lavoro ed alla sua distribuzione flessibile, all’impiego di nuove tecnologie;

• conferma la volontà, condivisa dal Governo, di individuare soluzioni che, in una logica di “solidarietà intergenerazionale”, agevolino la transizione dal lavoro alla pensione;

• crea il presupposto perché vengano introdotte, nell’ambito della legislazione vigente e nei limiti delle risorse disponibili, stabili e certe misure di defiscalizzazione del salario di produttività finalizzate ad incoraggiare selettivamente le intese che siano concretamente idonee, negli specifici contesti produttivi di riferimento, a sostenere l’incremento della produttività intervenendo in via prioritaria nelle materie già individuate tra le Parti firmatarie;

• permette pertanto alla contrattazione di secondo livello di incrementare i salari netti percepiti dai lavoratori facendo scattare le misure di defiscalizzazione per le quote di incrementi salariali che verranno concretamente legate, negli specifici contesti produttivi, all’incremento della produttività;

• individua nel termine del 31 dicembre 2012 la data entro la quale le Parti firmatarie dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011 completeranno il quadro delle nuove regole in materia di rappresentanza, con ciò dando auspicabilmente vita ad un sistema di relazioni industriali più stabile ed efficace.

Per il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi, l’accordo rappresenta un “elemento nuovo nelle relazioni industriali, l’inizio di una nuova fase di sviluppo e occupazione”. Per il segretario della Uil, Luigi Angeletti, invece, permetterà di “uscire dalla trappola nella quale siamo caduti dagli anni Novanta di bassa produttività e bassi salari”. Oltre alla soddisfazione di Raffaele Bonanni (Cisl), anche per il leader dell’Ugl, Giovanni Centrella, “l’intesa porterà più posti di lavoro e salari più alti”.

 

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