I capolavori del XX secolo del collezionismo bancario italiano | T-Mag | il magazine di Tecnè

I capolavori del XX secolo del collezionismo bancario italiano

di Stefano Di Rienzo

Attualmente presso la sede di Palazzo Te a Mantova (dal 10 Novembre 2012 al 24 Febbraio 2013) si sta svolgendo una mostra che mette in luce due esperienze di collezionismo bancario italiano: le raccolte della Banca Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Banca Agricola Mantovana.
Documentare stili e gusti del Novecento artistico italiano sotto la lente di un sapiente collezionismo, nasce da questo assunto la sorprendente mostra dal titolo “Dipinti, Sculture e Disegni del Novecento”. Nell’esposizione vengono messe in evidenzia esperienze di collezionismo delle raccolte della Banca Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Banca Agricola Mantovana che i due enti promotori allestiranno a Mantova nelle Frutterie della villa gonzaghesca nella quale saranno presentati artisti tra i più autorevoli del XX secolo, da Carlo Carrà a Ottone Rosai, da Giorgio Morandi a Filippo De Pisis, da Gino Severini a Giorgio De Chirico.
La mostra a cura di Barbara Cinelli e Donatella Capresi con la collaborazione di Daniela Sogliani per la sezione mantovana promossa da Comune di Mantova Museo Civico di Palazzo Te, Banca Monte dei Paschi di Siena e Fondazione Banca Agricola Mantovana con il patrocinio della Regione Lombardia è organizzata dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te e dalla stessa Banca Monte dei Paschi di Siena.
La mostra intende anzitutto documentare le strategie degli istituti bancari nella promozione dell’arte contemporanea attraverso il caso esemplare della collezione appartenente alla Banca Monte dei Paschi di Siena nella quale sono confluite le opere della Banca Toscana. L’ingresso in Banca Toscana di un nutrito gruppo di artisti del Novecento coincide con la ripresa in sede storiografica dell’interesse per l’arte italiana negli anni fra le due guerre, un periodo nel quale era pesata a lungo l’ipoteca di una contaminazione con il regime fascista.
Gli acquisti vengono datati a partire dal 1979, proprio quando le indagini degli studiosi consentivano di recuperare opere ed artisti di alto livello qualitativo e dimensione culturale europea. Fino a quella data le opere di Vagnetti, Moses Levy, Rosai e Soffici avevano testimoniato il legame tra la Banca e la tradizione fiorentina di un umile naturalismo, gli acquisti recenti mostravano invece la disponibilità a nuove sollecitazioni e si aprivano ad un mercato che contribuiva alla riscoperta di opere determinanti per l’avanzare delle ricerche. In questo rinnovato contesto anche l’ingresso di artisti toscani già rappresentati come Rosai, Soffici e Viani dei quali si acquisivano rispettivamente: “I Giocatori di Toppa”(1928) “I Pini e le Apuane” potevano dialogare con Carlo Carrà, un protagonista di area milanese di cui entravano in collezione due rari disegni degli anni venti ed un paesaggio del 1928, per documentare una attenzione analoga a quella dei fiorentini per la rappresentazione di figure e paesi in un linguaggio aderente alla realtà.
La Banca Toscana acquisì tra il 1980 e il 1985 anche opere rappresentative della Scuola Romana che in perfetta contiguità cronologica veniva intanto illustrata dagli studi e dalle esposizioni di Maurizio Fagiolo e capolavori di Severini e Tozzi che documentano i rapporti intercorsi negli anni Trenta tra artisti italiani e ambiente parigino, entrarono in collezione anche artisti d’eccezione quali Morandi e De Pisis oggi indiscussi protagonisti dell’arte del Novecento.
Dopo il 1985 questa esperienza maturata nell’ampliamento del patrimonio della Banca Toscana veniva trasformata nella gestione delle collezioni di Banca Monte dei Paschi di Siena nel momento in cui si decideva di arredare le sedi di rappresentanza, la scelta fu di proseguire quella linea di acquisizione che documentava la produzione italiana fra le due guerre e che consentì alla Banca Monte dei Paschi di Siena di affiancare al tradizionale collezionismo di arte antica una nuova attenzione per l’arte contemporanea. A questa seconda fase si deve l’acquisto dei due bronzi di Andreotti, “La Ciliegiara” e “La Limonara” che arricchiscono la documentazione sull’arte in Toscana, integrazioni sulla Scuola Romana con un raro “Autoritratto”(1923) di Carlo Socrate artista caro a Roberto Longhi ed un’insolita “Natura Morta”(1956) di Fausto Pirandello.
La consistenza della collezione ha così permesso di costruire un percorso espositivo che ripercorre una possibile geografia tematica dagli anni venti agli anni quaranta, e la coerenza visiva che ne risulta costituisce la conferma di una collezione consapevolmente orientata, pur nei limiti imposti ad una promozione particolare come quella rappresentata da un istituto bancario. La presenza di un nucleo cospicuo di opere su carta molte delle quali in stretta connessione con le pitture avvalora questa ipotesi e testimonia un ulteriore collegamento con le tendenze degli studi specialistici, risalgono proprio agli anni Ottanta gli interessi per il disegno del Novecento cui restituisce una dignità pari a quella di cui questa tecnica godeva per l’arte di epoca moderna. Spiccano in questa sezione una serie di tempere di Severini ed un gruppo di studi ad acquerello per costumi teatrali di Giorgio De Chirico.
Il percorso della mostra termina con un gruppo di opere mantovane che si apre con “Mantova di Notte” (1900) di Vindizio Nodari Pesenti, un dipinto poco noto ma esemplare per l’attenzione all’iconografia contemporanea e la tecnica aggiornata sui linguaggi post impressionisti. La sezione ad eccezione di questo olio su tela è dedicato alle opere di proprietà della Fondazione Banca Agricola Mantovana da sempre attenta all’acquisto e alla valorizzazione di artisti mantovani del Novecento o comunque attivi nel territorio. Tra le opere più significative della raccolta “Il Ritratto della Moglie che Allatta la Figlia”(1929) di Ugo Celada da Virgilio e “La Merenda ai Contadini”(1939) di Archimede Bresciani da Gazoldo opere allineate alle iconografie del Novecento Italiano, “Il Minatore”(1948) di Umberto Maria Baldassari che deve il nome d’arte “BUM” all’inventiva di Marinetti e due sculture “La Ginnasta” di Vindizo Nodari Presenti e “L’attesa” di Giuseppe Gorni che documenta nell’artista la ripresa della scultura al ritorno della seconda guerra mondiale.
Inoltre la mostra sarà accompagnata dal catalogo in cui compariranno le opere nella stessa sequenza del percorso espositivo raggruppate tematicamente, ed introdotte da testi che guideranno la lettura per il pubblico.

 

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