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Dalla lira all’euro. Il crollo del potere d’acquisto

lira euroLa principale conseguenza del passaggio dalla lira all’euro è stato il calo del potere di acquisto delle famiglie, dovuto ad uno svuotamento delle tasche, a sua volta conseguenza dei numerosi rincari sui prodotti di largo consumo. Il disegno di quanto successo è stato fatto ad arte da Adusbef e Federconsumatori che spiegano come l’entrata in vigore della moneta unica, con il tasso di cambio fissato a 1.936,27 lire, abbia “svuotato le tasche delle famiglie italiane, al ritmo di 1.100 euro l’anno di rincari speculati, per un conto finale superiore a 11.000 euro pro-capite nell’ultimo decennio”.
Le associazioni per i consumatori spiegano infatti che dall’ingresso nell’euro, a loro dire avvenuto “senza controllo e con il Comitato Euro che assecondava gli aumenti”, il potere di acquisto avrebbe registrato una perdita pari a 11.054 euro a famiglia, con “un vero e proprio trasferimento di ricchezza stimato in 265,3 miliardi di euro, dalle tasche dei consumatori a quelle di coloro che hanno avuto la possibilità di determinare prezzi e tariffe”.
Adusbef e Federconsumatori, si legge in una nota, “hanno già divulgato gli aumenti sconsiderati da changeover, avvenuti con la complicità dei governi, con la lista di cento prodotti con il prezzo fissato nel dicembre 2001, ultimi giorni di vita della lira, come ad esempio la penna a sfera aumentata del + 207,7%, seguita dal tramezzino (+198,7%) e dal cono gelato con (+159,7%), la confezione di caffè da 250 grammi (+136,5%), il supplì (+123,9%), un chilo di biscotti frollini (+113,3%), la giocata minima del lotto (+ 97,8%), aumenti vertiginosi su prodotti di largo consumo che hanno svuotato e saccheggiato le tasche delle famiglie, con un costo complessivo stimato in 11.054 euro pro-capite”.
“Gli osservatori annotavano anche l’aumento dei costi delle abitazioni, problema gigantesco per le famiglie italiane, sia per acquisto che per l’affitto e per il costo mensile complessivo, registrando 25 anni di stipendio nel 2012 per acquistare un appartamento di 90 metri quadri che nel 2001 costava 15 anni di stipendio medio, a conferma di un aumento vertiginoso dei prezzi e conseguente crollo del mercato immobiliare.
Il crollo dei consumi e le sofferenze economiche degli italiani, che ha colpito anche il ceto medio ed i redditi che potevano essere definiti dei “benestanti” nel 2001, sarebbe dimostrato dallo studio Adusbef sulla capacità di spesa (Cds), pari in Italia a 119 nel 2001, tra le più elevate dei paesi europei superata da Inghilterra (120); Svezia (123); Belgio (124); Austria (126); Danimarca (128); Olanda ed Irlanda (134); Lussemburgo (235); più elevata di Francia; Germania e Finlandia (116). Nel 2012, l’Italia (-16,8%) guida la classifica negativa della capacità di spesa (Cds) ridotta di 20 punti ed attestata a 99; al secondo posto la Grecia (-13,8% la Cds che passa da 87 a 75); al terzo il Regno Unito (-8,3% con la Cds a 110; al quarto il Portogallo – 7,4% che si attesta a 75; al quinto la Francia -6,9% con la Cds a 108; al sesto il Belgio a 119; mentre Austria (131); Germania (122); Svezia (129) e Lussemburgo (272) aumentano la capacità di spesa”.

 

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