In Italia oltre nove milioni di persone in difficoltà
Sono più di nove milioni le persone in difficoltà economica in Italia. Un numero che oltre ai disoccupati comprende anche quei lavoratori che vivono una condizione di precarietà e di debolezza e di insicurezza economica: agli oltre tre milioni di disoccupati vanno dunque aggiunti i quasi due milioni e mezzo di lavoratori con contratto a tempo determinato gli 832 mila lavoratori autonomi part time, i 430 mila collaboratori e i 2,56 milioni di lavoratori con contratto a tempo indeterminato part time. Nel complesso le persone occupate che vivono nell’incertezza lavorativa o con retribuzioni contenute sono 6,1 milioni di unità. E’ quanto emerge da un’analisi condotta da Unimpresa su dati Istat.
La crisi economica e il conseguente deterioramento del mercato del lavoro ha portato alla mancanza di stabilizzazione dei lavoratori precari e ad un aumento sostanziale dei contratti atipici: il dato relativo alle persone in difficoltà registrato nel secondo trimestre del 2013 è infatti il risultato di un incremento dell’3,2% su base annua. Entrando nel dettaglio lo studio spiega che nel secondo trimestre 2013 i disoccupati erano in totale 3,07 milioni, di cui 1,68 milioni ex occupati, 633 mila ex inattivi e 760 mila in cerca di prima occupazione. Un dato quest’ultimo che su base annua risulta in aumento del 13,7%, in crescita quindi di 371 mila persone.
Commentando i dati il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, non ha mancato di accusare il governo, che secondo lui non prende decisioni importanti: “L’occasione offerta dalla legge di stabilità – spiega – sta per essere sprecata con un mix di misure che non consentono a imprese e famiglie di avere risorse per guardare con fiducia al futuro. Offriamo all’esecutivo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese. Può apparire anomalo che un’associazione di imprese analizzi il fenomeno dell’occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perché riteniamo che siano il cuore dell’impresa. Bisogna poi considerare che l’enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di nove milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”.