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L’annosa questione del nucleare iraniano

di Matteo Buttaroni

nucleare_accordoSi è risolto con un nulla di fatto il primo tentativo di negoziare con l’Iran lo stop alla ricerca sul nucleare o quantomeno un arricchimento più contenuto dell’uranio. Un negoziato auspicato da tutti i membri permanenti del Consiglio delle Nazioni Unite, più la Germania. Un negoziato fortemente voluto da Israele (militarmente, l’obiettivo principale della repubblica islamica) che, attraverso la voce dura della Francia, ha espresso di non voler assolutamente sprecare l’occasione di questo dialogo per mettere finalmente fine ad un discorso ridondante. Dopo un continuo tira e molla l’accordo tra Iran e 5+1 è arrivato. L’intesa raggiunta prevede la rinuncia da parte dell’Iran all’arricchimento dell’uranio sopra il 5% e alla distruzione delle riserve di quello già arricchito al 20%. Obama ha però avvertito che le sanzioni riprenderanno qualora l’Iran non dovesse rispettare i patti. La soluzione non ha però convinto Israele, secondo cui l’Iran avrebbe raggiunto esattamente quello che voleva: l’attenuazione delle sanzioni e allo stesso tempo il mantenimento, sebbene ridotto, del proprio programma nucleare. “I nostri diritti sono stati rispettati: il trattato di non proliferazione afferma che niente nel trattato può privare un Paese del diritto inalienabile alla tecnologia nucleare per obiettivi pacifici, arricchimento incluso”, ha invece commentato il presidente iraniano Hassan Rouhani. Nonostante le ripetute rassicurazioni di quest’ultimo sugli intenti non minacciosi della ricerca nucleare iraniana, la questione è stata ed è a tutt’oggi osteggiata da Tel Aviv e criticata da Washington perché ritenuta un pericolo per la sicurezza regionale e mondiale. Ma facciamo un po’ d’ordine: l’allarme di una possibile corsa al nucleare per fini militari da parte dell’Iran è partito direttamente dall’Aiea (Agenzia internazionale dell’Energia Atomica) quando, nel 2003, grazie anche a foto diffuse da alcuni media americani, rilevò un possibile sito nucleare al centro del Paese islamico e tracce di uranio arricchito presso il sito nucleare di Natanz, 70 km a sud-est di Kashan. L’allarme, come ricorda il quotidiano La Repubblica in un dossier, portò ad una visita a sorpresa nel Paese da parte degli allora ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Francia che, tramite un accordo tra Ue e Iran, provocarono uno stop all’arricchimento dell’uranio. Stop durato solo due anni, tanto che nel 2005 la repubblica islamica riprese la sua attività presso il sito nucleare di Ispahan e nel 2006 addirittura strappò i sigilli imposti dall’Aiea ad altri siti presenti nel Paese. Risale all’11 aprile del 2006, ricorda ancora il dossier, la dichiarazione ufficiale iraniana riguardo la produzione di uranio arricchito e il 23 dicembre dello stesso anno scattarono le prime sanzioni economiche delle Nazioni Unite. Dopo l’introduzione di nuove sanzioni e l’inasprimento di quelle già esistenti, diversi sono stati i tentativi di negoziazione, come quello di Istanbul del 2010. Il 2 settembre dello stesso anno l’Aiea fa per la prima volta riferimento ad un possibile scopo militare da parte delle autorità iraniane.
Da qui in poi i toni si sono inaspriti ulteriormente, soprattutto da parte di Tel Aviv: Israele ha cominciato a parlare di un possibile attacco militare (preventivo) contro l’Iran. L’Occidente, ancora cauto, si limitò a richiedere l’inasprimento delle sanzioni. Gli anni successivi hanno visto ulteriori accuse, l’apertura di altri siti, nuove e più pesanti sanzioni, test missilissici e numerosi tentati negoziati, tutti conclusi in un nulla di fatto. Almeno fino alla notte tra il 23 e il 24 novembre.

Questo articolo è stato pubblicato sul N. 7 di T-Mag del 29 Novembre 2013

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