L’agenda setting italiana (ed europea)
Il 25 ottobre scorso i media italiani avrebbero avuto di che parlare: a seguito degli sviluppi sulle inter- cettazioni telefoniche della Nsa ai danni di Paesi “amici”, i leader europei si incontravano a Bruxelles per discuterne. Servizi segreti, comunicazioni intercettate, tensioni tra Stati Uniti e Unione europea, di elementi per una notizia da primo piano ce ne erano a sufficienza. Ma i quotidiani italiani non de- vono aver fatto le stesse considerazioni, quello stesso giorno – a quanto sembra – vi erano vicende più rilevanti. Due, per l’esattezza. La prima: la decisione del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord di non recarsi dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per discutere assieme la riforma elettorale. La seconda: lo scontro interno al Popolo della libertà tra i cosiddetti “governativi” e chi invece chiedeva uno strappo con il recente passato, ritornando alle vecchie sigle (Forza Italia, per l’esattezza). Mentre altri (vedi Il Giornale e Il Fatto Quotidiano) preferivano raccontare vicende di cronaca giudiziaria (i primi: “De Benedetti ci deve 360 milioni, ma con lui i giudici non hanno fretta”) o riportare l’allarme dell’Associazione nazionale magistrati (i secondi: “Anm sull’amnistia: “Inutile senza riforme”). Eccezion fatta per La Stampa che – pur lasciando in primo piano la notizia sulle diatribe del Pdl e sulla legge elettorale – dedicava molto spazio al Datagate. Scelte, queste, che stridono e sono in controtendenza rispetto a quanto accadeva nel resto delle redazioni europee, dove si è preferito dare ampio risalto alle notizie provenienti da Bruxelles. Nessuno – tra i maggiori quotidiani online del Vecchio continente (da Le Monde a El Paìs, passando per la Bild e il The Guardian) – ha lasciato che eventi legati alla politica interna del proprio Paese rubassero la scena alle dichiarazioni e alle rivelazioni sullo scandalo delle intercettazioni della National Security Agency. E così mentre emergevano nuovi particolari (El Paìs, ad esempio, raccontava che i telefonini di 35 leader mondiali erano stati intercettati dalla Nsa), nascevano nuovi sviluppi della vicenda (Madrid convocava l’ambasciatore statunitense per chiedere spiegazioni) e la tedesca Bild che provocatoriamente chiedeva: “Obamagate: lo scandalo delle intercettazioni può rovesciare il presidente?”. I quotidiani nostrani – pur non “bucando” le notizie – dimostravano che le loro priori- tà erano altre. Sicuramente la Germania, per azzardare un confronto, era parte chiamata in causa: erano i giorni delle voci sulla Merkel spiata già dal 2002. Ma è pur vero che in quei giorni anche in Germania erano alle prese con questioni interne di non poco conto con la formazione del nuovo gover- no di Grosse Koalition, intesa raggiunta la scorsa settimana peraltro. Scelte legittime, che tuttavia non rappresentano un caso isolato: altre volte in passato si è verificata una situazione simile, con i media stranieri concentrati su un evento (evidentemente di portata mondiale) e i nostri su un altro. Per trovare un precedente non è neanche necessario andare tanto indietro nel tempo. Erano i primi giorni di settembre e la crisi siriana stava vivendo uno dei suoi momenti più delicati: l’intervento armato statunitense sembrava potersi concretizzare
da un giorno all’altro e le diplomazie di molti Paesi lavoravano per scongiurarlo. Inevitabile quindi che gli sviluppi della vicenda catturassero l’attenzione dei giornalisti e dell’opinione pubblica. Ine- vitabile ma non del tutto scontato in Italia, dove sulle pagine dei quotidiani le vicende siriane pas- savano in secondo piano rispetto alle difficoltà del governo Letta, tra i “falchi” e le “colombe” del Pdl. Niente da ridire in merito, ma evidentemente l’agenda setting dei quotidiani italiani è diversa da quella dei concorrenti europei. Più sciovinista, se vogliamo.
Questo articolo è stato pubblicato sul N. 7 di T-Mag del 29 Novembre 2013
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