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Non solo Italia, preoccupa l’Eurozona

La crescita dell'area dell'euro procede a ritmi troppo contenuti. Ancora in calo l'indice Pmi manifatturiero

bce_crisi_economicaL’Eurozona sembra ormai avvitata su se stessa, per cui uscire dalla crisi è processo lento e ostico. Diminuiscono domanda interna e investimenti e l’intero ciclo economico è stagnante, a scapito del lavoro e delle famiglie. I dati certificano, dunque, un rallentamento della crescita tale da immaginare una ripresa soltanto nel lungo periodo.
I conti trimestrali dell’Istat vanno proprio in questa direzione. Niente di nuovo, in verità: il Prodotto interno lordo nel terzo trimestre 2014 si contrae dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% nei confronti del terzo trimestre del 2013. La novità, al limite, sta nella correzione al ribasso – su base annua – con il dato corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato. All’inizio, infatti, le stime parlavano di una diminuzione del Pil dello 0,4% rispetto allo stesso periodo del 2013.
Ciò che l’Istat conferma, soprattutto, è come l’andamento della domanda interna (consumi privati, spesa pubblica, investimenti) abbia sottratto 0,2 punti percentuali alla crescita del Pil (+0,1% la spesa delle famiglie residenti, -0,3% la spesa della Pubblica amministrazione; -1% gli investimenti). Un problema che di fatto non è nuovo, ma che coinvolge la nostra economia da circa un decennio, con una flessione più o meno costante tra il 2001 e il 2010 (quindi aggravata negli anni della crisi). Muta però lo scenario: se l’Italia in precedenza appariva più in difficoltà rispetto ai partner europei, ora l’Eurozona registra – nel suo complesso – performance altrettanto deludenti, evidenziando in aggiunta una preoccupante fase di rallentamento.
Nell’area dell’euro, infatti, la crescita economica nel terzo trimestre è risultata particolarmente contenuta (attestandosi a +0,2%), in linea, in definitiva, con la tendenza della prima metà dell’anno. La Germania, cioè l’economia trainante dell’Europa, vive un momento di stagnazione dopo avere evitato per un soffio la recessione (il Pil tedesco è cresciuto dello 0,1% nel terzo trimestre quando in quello precedente era a -0,1%).
In Francia, dove pure si è registrato un incremento nel numero dei disoccupati, la stagnazione economica è prevalsa per un intero semestre, ma nel terzo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,3%, in parte per via dell’aumento della spesa pubblica (+0,8%). Ad ogni modo sono gli Stati Uniti, finora, ad aver trainato la ripresa mondiale e questa condizione ha provocato un ulteriore deprezzamento del cambio dell’euro nei confronti del dollaro (1,25 dollari nella media di novembre).
Anche per quanto riguarda la produzione industriale il trend appare il medesimo. Germania e Spagna hanno segnato una risalita, ma a seguito di un forte calo. In Francia la situazione è pressoché stabile da due mesi consecutivi. È l’Italia ad avere registrato prestazioni più deludenti, proseguendo su ritimi discontinui e registrando un picco nel mese di settembre (-0,9% congiunturale).
I dati sul Pmi (Purchasing managers index) manifatturiero diffusi da Markit per l’Eurozona a novembre non rincuorano affatto: l’indice è risultato pari a 50,1 punti, leggermente al di sopra della soglia di 50, ma comunque sotto le aspettative di 50,4 punti (può sorridere la Spagna, a conferma della sua risalita, con l’indice che passa a 54,7 punti dai 52,6 del mese precedente).
Nel terzo trimestre 2014, tornando in conclusione al caso italiano, tutti i comparti dell’economia hanno registrato una flessione: agricoltura (-0,1%), industria in senso stretto (-0,6%), costruzioni (-1,1%), mentre il valore aggiunto dei servizi è rimasto stazionario. In termini tendenziali, invece, il valore aggiunto è diminuito per tutte le componenti: -3,5% nel settore delle costruzioni, -1,1% nell’industria in senso stretto, -1,3% nell’agricoltura e -0,1% nei servizi.

(articolo pubblicato su Tgcom24 il 1 dicembre 2014)

 

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