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L’impatto della banda ultralarga

di Mirko Spadoni

internetIl governo si appresta a soddisfare la Commissione europea. Da Bruxelles, infatti, sono giunti a Roma ripetuti inviti a favorire la diffusione della banda larga, come previsto dall’Agenda digitale europea.
Servendosi anche dei fondi stanziati dall’Unione europea per il periodo compreso tra il 2014-2020, l’Italia intende compiere quei passi necessari per colmare il divario che ci separa dal resto dei nostri principali partner nella diffusione di internet ad alta e altissima velocità e contestualmente negli investimenti in Information Comunication Technology (Ict).
Stando ad uno studio della Commissione europea, che considera il numero di sottoscrizioni tra privati ed imprese, l’Italia è agli ultimi posti sulla diffusione della banda larga ad alta velocità (velocità pari o superiore a 30megabit al secondo, mbps) e al penultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda ultra larga veloce (velocità pari o superiore a 100mbps). Peggio di noi fa soltanto la Grecia.
Eppure la diffusione della banda larga offre un enorme vantaggio: per la Banca mondiale, una variazione di 10 punti percentuali della penetrazione della banda larga può generare una crescita del Prodotto interno lordo (Pil) dei Paesi sviluppati dell’1,2%. Discorso simile per la banda ultra larga: secondo una stima del governo tedesco, quest’ultima permetterà la creazione di un milione di nuovi posti di lavoro in Europa.  
Oltre a migliorare la qualità della vita dei singoli cittadini, la banda ultra larga, spiegava qualche tempo fa il ministero dello Sviluppo economico, permette alle aziende di aumentare la propria produttività. Quanto basta per comprendere l’insistenza ad incentivarne la diffusione rivolti dalla Commissione europea, secondo cui il ritardo con cui si diffonde Internet ad alta ed altissima velocità ha ripercussioni negative sulla capacità dell’Europa di innovare, diffondere conoscenza e di permettere ai cittadini di usufruire di servizi online (compresi quelli pubblici essenziali).
L’Italia cerca quindi di colmare un gap che ci divide dalle maggiori economie mondiali (gli investimenti nell’Ict rappresentano il 4,8% del Pil italiano contro il 9,6% della Gran Bretagna, ad esempio) e alcuni dei nostri principali partner europei.
Londra, Berlino, Parigi e Madrid hanno adottato da tempo piani strategici di sviluppo delle reti di accesso di nuova generazione (Ngan). Programmi, quest’ultimi, in linea con gli obiettivi fissati dall’Agenda digitale europea, secondo cui l’85% della popolazione dovrebbe avere accesso ad una connettività ad almeno 100 mbps – l’unica a poter essere essere definita banda ultra larga, secondo Bruxelles – e il restante 15% a 30 mbps entro il 2020.
Un livello di copertura di gran lunga superiore a quello attualmente garantito in Italia. Stando ai dati contenuti in un report della presidenza del Consiglio con il ministero dello Sviluppo economico, l’Agenzia per l’Italia digitale e quella per la Coesione, infatti, siamo il 40% al di sotto della media europea per l’accesso a oltre 40 mbps e soltanto il 21% degli italiani può usufruire di collegamenti che ‘corrano’ oltre i 30mbps rispetto al 64% dell’Ue.

(articolo pubblicato il 4 marzo 2015 su Tgcom24)

 

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