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Le riforme che servono all’Italia

di Mirko Spadoni

lavoro_imprese-1024x683Il giudizio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico è tutt’altro che negativo: l’Italia ha superato la fase di stallo sulle riforme, che adesso procedono ad un passo ottimale. Durante il 2014, osserva invece un rapporto di BusinessEurope, il nostro Paese si è dimostrato più attento di altri nell’attuare le riforme chieste dalla Commissione europea.
Secondo il ‘Barometro delle riforme 2015′ di BusinessEurope, l’associazione degli industriali europei, tra tutti gli Stati membri dell’Unione europea l’Italia è tra quelli che sono migliorati di più nell’attuare le riforme chieste da Bruxelles, con le raccomandazioni specifiche per Paese nell’ambito del semestre europeo.
Nel valutare la situazione nei diversi Paesi dell’Ue, gli industriali europei hanno espresso un giudizio (positivo) sulle raccomandazioni impartite nel corso del 2014 da parte della Commissione europea. Il 90% delle raccomandazioni è centrato sui problemi giusti (contro l’83% dello scorso anno). Tuttavia gli Stati membri hanno dimostrato uno scarso impegno nel recepirle, sottolinea BusinessEurope: soltanto il 22% delle raccomandazioni di Bruxelles (il 23% nel 2013) sono state attuate in modo soddisfacente.
Tra i 28 Stati che compongono l’Unione europea, alcuni hanno migliorato la loro attuazione delle riforme (l’Italia, in particolare). Nel corso del 2014, secondo il report del BusinessEurope, il nostro Paese ha portato avanti riforme importanti anche al di fuori dell’ambito delle raccomandazioni specifiche Paese per Paese. E’ stato particolarmente apprezzato il Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro, che dovrebbe avere effetti positivi sul fronte occupazionale.
Per valutarne i primi effetti sarà tuttavia necessario aspettare il mese di giugno, sostiene Unimpresa. Intanto, secondo le stime della Fondazione consulenti del Lavoro, tra gennaio e febbraio, complici gli sgravi contributivi previsti dalla Legge di Stabilità, sono state assunte 275 mila persone a tempo indeterminato. Tuttavia, precisa la Fondazione, l’80% dei casi risultano essere stabilizzazioni di collaborazioni a progetto, contratti a termine e partite Iva. Soltanto il 20% delle nuove assunzioni corrisponde così ad un vero e proprio incremento occupazionale. 

Nel corso del suo report, BusinnesEurope ha elogiato gli sforzi per liberalizzare i servizi professionali e creare un ambiente più competitivo migliorando, abbassandoli, i prezzi per i consumatori. Da quando la riforma è diventata operativa nel gennaio 2012, i prezzi sono cresciuti ad un ritmo inferiore rispetto a quello dei servizi: +1,8% contro +4,3%. Oltre ad essere vantaggiosa per i consumatori, una maggiore liberalizzazione – specie nelle industrie di rete, nei servizi locali, nelle professioni regolamentate e nella vendita al dettaglio – avrebbe un effetto positivo sul Prodotto interno lordo italiano. Quest’ultimo, secondo una stima dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), aumenterebbe di 2,6 punti percentuali nell’arco di un quinquennio.

(articolo pubblicato il 19 marzo 2015 su Tgcom24)

 

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