L’agroalimentare italiano tra “originale” e falso
L’8,7% del Pil e 3,3 milioni di posti di lavoro. Tanto vale la filiera agroalimentare italiana, senza contare quel 20,5% della produzione totale rappresentata dalle esportazioni di prodotti di questo tipo. E’ proprio per difendere tali performance che la Coldiretti insieme a migliaia di agricoltori si è presentata al valico del Brennero per fermare i prodotti che arrivano dall’estero e magicamente diventano Made in Italy non appena varcato il confine.
Un fenomeno che dall’inizio della crisi ha contribuito alla chiusura di 172 mila aziende tra stalle e fattorie (60 al giorno) compromettendo, come se non fosse bastata già la crisi di per se, lo stato di salute del nostro Paese.
“Da una parte – spiega la Coldiretti nel dossier presentato nel corso della mobilitazione – il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente”. Sono queste le cause che hanno ridotto, ad oggi, a 750 mila il numero delle aziende agricole. Solo tra il 2010 ed il 2013, secondo l’Istat, il numero delle imprese attive nel settore dell’agricoltura è diminuito del 9,2%.
Un dato che rende chiara la dinamica è quello relativo alle esportazioni. In valore il Made in Italy “originale” vale 33 miliardi di euro: quasi la metà di quanto fatturano, secondo l’Ice, le esportazioni di prodotti contraffatti e prodotti Italian sounding (ovvero i prodotti fatti altrove che si fingono italiani).
Una concorrenza “sleale” (come la definisce la Coldiretti) che ha un impatto negativo anche sul saldo finale del commercio con l’estero. La chiusura delle aziende costringe l’Italia ad importare prodotti che in realtà già produce.
Il 40% del latte, della carne presente in Italia arriva dall’estero. Stessa cosa accade per il 50% del grano tenero per il pane, il 40% del grano duro utilizzato per produrre la pasta, il 20% del mais e l’80% della soia.