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L’ecosistema digitale italiano secondo Agcom

di Umberto Schiavella

internetSecondo il DESI, l’indice Digital Economy and Society che stila la classifica dei paesi dell’Unione in base alle performance e al rendimento digitale, nel 2015 l’Italia ha occupato il 25° posto risalendo solo di una posizione rispetto al 2014. Se da un lato migliora la crescente capacità di recupero del divario rispetto all’Europa negli indicatori infrastrutturali e di offerta dei nuovi servizi, dall’altro assistiamo all’incapacità di risalire le posizioni in classifica dal lato della domanda. La disponibilità dei servizi di accesso alle reti fisse a banda larga ha raggiunto il 99% delle abitazioni, mentre quella a banda ultralarga è passata dal 36% del 2014 al 44% del 2015. Il 75% degli italiani preferisce accedere ad internet dalle reti mobili, mentre il 53% predilige quelle fisse a banda larga. Questi dati dimostrano come, nel nostro paese, i processi di convergenza risultino rallentati in quanto, in Europa, i due indicatori, rete mobile e fissa, sono pressoché equivalenti e pari al 72% e al 75%. In Italia la diffusione degli accessi alla banda ultralarga è ancora molto bassa con il 5,4% di abbonati sull’intera popolazione contro il 30% dell’Europa, un dato inferiore anche se in aumento rispetto a 2014, anno in cui la percentuale era ferma al 3,8%. Per quanto riguarda la spesa relativa all’accesso internet, l’1,8% del reddito pro-capite degli italiani è dedicato all’acquisto di un abbonamento ai servizi di banda larga al minor prezzo disponibile rispetto all’1,3% della media europea.
Sono due i fattori che spiegano le performance poco soddisfacenti del nostro paese: da una parte il minor livello di specializzazione e cultura digitale, dall’altro l’invecchiamento della popolazione. E’ pur vero che il solo fattore dell’invecchiamento della popolazione non giustifica il ritardo dei consumatori italiani nell’adottare i nuovi servizi digitali. Esiste, infatti, in Italia un problema strutturale legato alle competenze digitali, ossia alle capacità di familiarità e spirito critico che permettono di utilizzare al meglio le tecnologie dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la socializzazione. In particolare le componenti dell’indice DESI relative agli skill dimostrano come, nel nostro paese, meno della metà di coloro che accedono ad internet regolarmente possiede competenze digitali di base. Tutto questo avviene in un sistema dove vi è una minore disponibilità di lavoratori specializzati in ICT con un 2,5% di occupati rispetto alla media europea del 3,7% nel 2015 e con un ridotto numero di individui con formazione scientifica.
Altre indagini ritengono che il freno alla diffusione dell’uso di internet sia da ricercare nei fattori culturali e nelle abitudini di consumo: in Italia, sempre nel 2015, il 28% della popolazione non ha mai usato internet, rispetto al 16% registrato in Europa. Anche se iniziano ad arrivare segnali positivi rispetto ad una migliore familiarità con l’uso dei servizi online, l’Italia presenta, in generale e nei diversi servizi offerti, una minor propensione all’uso della rete rispetto agli altri paesi europei. Un ritardo che risulta maggiore in quei servizi più evoluti e rivolti ad un popolazione più matura, in particolare: lo shopping in cui solo il 39% degli italiani usa la rete contro il 65% degli europei; il banking (43% contro il 57%); il Video on Demand (19% contro 41%); le News (57% contro 68%). L’utilizzo della Rete da parte delle nuove generazioni e l’ampia diffusione degli abbonamenti ai servizi di connessione e accesso dati colmano in parte il ritardo nella propensione degli italiani all’uso di servizi di Social Network (58% degli italiani contro il 63% dell’Unione Europea) e Musica, Video e Giochi, comparti in cui l’Italia supera la media europea (52% contro 49%).
Anche il settore industriale, in particolare quello delle piccole e medie imprese e quello della pubblica amministrazione, registra dei ritardi nella propensione dell’uso della rete, anche se in misura inferiore rispetto al settore domestico. A fronte dell’ultima posizione del domestico, le PMI si posizionano al ventesimo posto, mentre la PA al diciassettesimo nella classifica europea dell’utilizzo dei servizi in ambiente internet. Posizioni difficili da recuperare o in peggioramento rispetto al 2014.
Nel 2015, proseguendo sulla linea intrapresa nel 2014, si registra una crescita delle infrastrutture di ultima generazione sia fisse che mobili per effetto della ripresa degli investimenti delle imprese. Aumentati del 24% quelli in rete fissa e del 16% quelli in rete mobile, raggiungendo, sempre nel 2015, i 7,4 miliardi di euro, più del 6% della spesa in investimenti in Italia. Nel 2015, per il programma di sviluppo 2016-2020, sono stati stanziati due miliardi di euro grazie ai fondi europei per i programmi regionali già approvati dalla Commissione e 4,9 miliardi di risorse pubbliche stimate per il prossimo futuro. Un recente studio di Agcom in collaborazione con l’Università La Sapienza stima una crescita del PIL da 1 a 2 punti percentuali in seguito agli investimenti (pubblici e privati) in infrastrutture a banda ultralarga di dimensione analoga a quelle attuate finora nel nostro paese.

 

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