Migliora l’occupazione, ma restano le diseguaglianze
I livelli occupazionali migliorano in Europa. E anche in Italia, nonostante le difficoltà. La percentuale delle persone occupate (20-64 anni) nell’UE si attesta – l’anno scorso – al 72,2%, a poco meno di tre punti dall’obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 (75%). In Italia l’occupazione nello stesso range di età si è passati dal 61,6% del 2016 al 62,3% del 2017, mantenendo tuttavia stabile il divario di genere: 72,3% per gli uomini e 52,5%. Si tratta, comunque, di un miglioramento generale sebbene il target previsto per il nostro paese sia distante quasi cinque punti.
I dati sono stati diffusi pochi giorni fa dall’Eurostat e sono la premessa ad una considerazione di altro tipo. La crescita, seppur lieve, dell’occupazione non è riuscita a colmare le diseguaglianze in Italia. Perché sempre l’Eurostat informa che da noi si è allargato il divario tra chi ha redditi più alti e chi ha evidenti difficoltà economiche. In altre parole, quello che appare evidente è la riduzione della classe media a fronte di una forbice più larga tra ricchi e poveri. Ora questi ultimi dati si riferiscono al 2016, ma un miglioramento dell’occupazione si era già verificato. Cosa è successo, dunque? Che la crisi ha accresciuto le differenze, mentre il recupero del mercato del lavoro non è riuscito ad assottigliare quelle stesse discrepanze. Nel 2016 il decile più povero della popolazione italiana (tradotto: il decimo della popolazione che si colloca al livello più basso in una classifica dei redditi in dieci fasce) poteva contare appena sull’1,8% dei redditi. In generale quasi un quarto del reddito complessivo (24,4%) era percepito da appena il 10% della popolazione e rispetto al 2008 (cioè l’inizio della crisi) il decile più benestante ha accresciuto la sua quota di reddito (23,8%), mentre quello più povero ha registrato una sostanziale diminuzione (era il 2,6%).
Per l’Eurostat in Italia il 40% della popolazione con i redditi più bassi nel 2016 aveva appena il 19,1% dei redditi complessivi, in calo dal 20,2% del 2010 e dal 19,7% del 2015. In Germania (con il 21,7% di reddito per il primo 40% più povero) e in Francia (22,6%) le differenze sono meno accentuate. Nella media europea, nello stesso periodo di riferimento, il 40% della popolazione con redditi più bassi è passato dal 21,2% al 20,9% del reddito complessivo.