Cosa spiegano i dati Istat su fiducia di consumatori e imprese
Il brusco calo era atteso, ma i dati sono comunque impressionanti. Non solo quantità e qualità, ma anche tempestività e continuità nelle risposte da dare per fare fronte all’emergenza economica
di Fulvio Fammoni*
Era atteso un brusco calo della fiducia di lavoratori e imprese ma i dati, pubblicati dall’Istat relativi al mese di maggio 2020, sono davvero impressionanti. Torna indietro di ben sette anni il clima di fiducia dei consumatori, ma soprattutto risulta il più basso da quando sono iniziate le rilevazioni nel 2005, il tasso di fiducia delle imprese.
Erano stati diffusi nelle scorse settimane dati altrettanto negativi per produzione industriale e fatturato dei servizi, quello di oggi è purtroppo una conferma e un ulteriore elemento da prendere in considerazione per le decisioni immediate e per la cosiddetta fase 3 di ripresa dello sviluppo. La fiducia, infatti, ormai da tempo è considerata uno dei fattori principali per l’andamento economico e della vita sociale dei paesi.
Tutti gli indicatori di maggio relativi ai consumatori sono in calo, ma i due che diminuiscono di più riguardano il clima economico e le prospettive future, dati essenziali che quindi generano molta preoccupazione. Le componenti principali di questo calo, sono basate sulla situazione economica, e sul timore di crescita della disoccupazione.
Per le imprese, è in contrazione la fiducia di tutti i principali raggruppamenti. Il calo nell’industria manifatturiera è legato al giudizio negativo sugli ordini e quindi delle attese di produzione, mentre si accumulano le scorte di prodotti finiti; meccanismi simili riguardano tutti gli altri settori industriali.
Il calo più marcato riguarda i settori turistici, quello dei trasporti e magazzinaggio e i servizi alle imprese; in calo anche seppur più contenuto, il settore di informazione e comunicazione. Analogo andamento riguarda le imprese di costruzione e del commercio.
La mancanza di fiducia di consumatori e imprese attualmente è quindi pesante mentre il giudizio sul futuro, pur negativo, è ancora in attesa del concreto evolversi della situazione.
È evidente quindi che, se l’aspetto fondamentale per dare credito al futuro, rimane quello sanitario, una ricaduta della pandemia avrebbe effetti disastrosi; i dati dimostrano l’importanza anche di quello economico, che deve ribaltare un’idea diffusa di negatività intervenendo con scelte non solo adeguate e concrete, ma percepite come rapidamente realizzabili e quindi mandando un messaggio positivo sulle prospettive future.
In situazioni così difficili, di paura e scoraggiamento, assieme al calo della produzione e delle vendite e con l’aumento della disoccupazione, scattano meccanismi di “autotutela” delle persone che portano ad un calo della quantità e ad un abbassamento delle qualità dei consumi, così come tendenze all’aumento possibile del risparmio, come già si vede anche in queste statistiche Istat relativamente all’acquisto di beni durevoli.
Ecco perché, è giusto insistere, non solo su quantità e qualità, ma anche su tempestività e continuità delle risposte da dare, legando assieme emergenza sanitaria, tutele del lavoro e sovvenzioni alle imprese, con investimenti che generino ripresa produttiva, con quantità di risorse adeguate per le quali sarà decisiva la positiva conclusione del Recovery Fund europeo.
*Presidente Fondazione Di Vittorio