Vantaggi e svantaggi del “south working”
Un fenomeno nato in una fase di prolungato smart working, potrebbe essere proposto ancora a lungo. Ma con quali effetti?
di Redazione
In Italia si è disccusso a lungo del south working, ovvero una nuova declinazione del lavoro agile che prevede lavorare da remoto per aziende del Nord, ma restando fisicamente al Sud. La tendenza è iniziata spontaneamente durante il lockdown quando si è verificato il controesodo di studenti e lavoratori da regioni del Nord nei propri paesi di origine, generalmente nel meridione, dove sono rimasti continuando lo studio e il lavoro, poi per tutto il periodo della quarantena.
La definizione del fenomeno nasce e diventa quasi necessaria nel momento in cui si inizia a pensare al south working come una pratica più duratura nel tempo e non una soluzione limitata ai mesi di quarantena. Se ha funzionato durante il lockdown, perché non dovrebbe funzionare anche dopo? È questa la domanda che muove le community online e i gruppi Facebook che racchiudono i south workers.
Tale modalità di lavoro potrebbe essere vista come una nuova concezione dello smart working: tornare a lavorare nel sud, ormai spopolato a causa dell’emigrazione nelle regioni del nord o all’estero, per studio e lavoro. Di certo il south working non elimina il problema dei ritardi occupazionali nel Mezzogiorno, ma potrebbe alleggerire il divario Nord-Sud, anche a livello di infrastrutture digitali che sarebbero in questo caso ancora più essenziali e incentivate. Se il progetto di essere impiegati da remoto per un’azienda del nord e lavorare fisicamente al sud fosse possibile e realizzato, aprirebbe nuovi scenari nel mondo del lavoro, ma costituirebbe un problema per il nord e in senso più ampio per tutte quelle grandi città che si mantengono anche grazie ai fuori sede – studenti e lavoratori -, con il rischio di mandare in crisi settori interi, come quello immobiliare, o della ristorazione, se si pensa già solo a tutti i ristoranti e bar in difficoltà nelle zone degli uffici a causa, in parte, proprio dello smart working.
Il concetto del south working, in senso più ampio e proiettato su scala nazionale, potrebbe fare inoltre riferimento al lavoro svolto a distanza nel paese di origine, quindi avrebbe l’obiettivo di far rifiorire i piccoli centri e i borghi, spesso abbandonati in tutta Italia.
In questa direzione si colloca il progetto sea working di Brindisi che si candida ad essere città ideale per il south working per i suoi cittadini, ma anche per i vicini che per il lavoro agile preferiscono una meta più vicina a casa, offrendo la possibilità di lavorare in uffici vista mare, e addirittura su una barca a vela ormeggiata al porto. Mentre ancora più avanzata è il progetto Santa Flora Smart Village del comune in Toscana che proponendosi come vera e propria sede per gli smart workers, prevede incentivi del 50% sull’affitto per tutti i lavoratori che vogliono trasferirsi per un periodo nel borgo per lavorare da remoto. L’idea del comune è quella di stimolare, tramite incentivi, il lavoro in un contesto rilassante così da attrarre persone o nuclei familiari e favorire il ripopolamento.