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La crisi del trasporto ferroviario

La pandemia, le regole per contrastarla e la (conseguente) crescita dello smart working hanno contribuito alla netta diminuzione di passeggeri e pendolari un po’ ovunque, in Europa

di Redazione

Per contrastare la diffusione della pandemia di coronavirus tutti gli Stati membri dell’Unione europea hanno adottato, già dalla prima fase, misure di limitazione degli spostamenti più o meno restrittive. Queste decisioni hanno inevitabilmente avuto un impatto sui trasporti, è il caso della crisi del settore aereo, anche per quelli utilizzati per spostamenti più brevi e quotidiani come il trasporto ferroviario. Numerosi, infatti, sono i pendolari che con lo smart working hanno smesso di prendere quotidianamente i treni.

Se le misure restrittive già nel primo trimestre del 2020 hanno mostrato un primo lieve impatto, nel secondo trimestre gli effetti del coronavirus sul trasporto ferroviario sono stati marcati e significativi. A rilevarlo è l’Eurostat, che nella sua analisi mostra come, rispetto al secondo trimestre del 2019, il numero di passeggeri ferroviari si sia almeno dimezzato nella stragrande maggioranza degli Stati membri.

Secondo i dati, la diminuzione maggiore del numero dei passeggeri ferroviari tra aprile e giugno 2019-2020 si è registrata in Irlanda che con -11,7 milioni di passeggeri ha perso il 94%, seguita da Francia e Spagna, in entrambi i paesi il numero di passeggeri è diminuito del 78%, corrispondenti a circa 262,6 milioni e 125,3 milioni di passeggeri in meno, e il Lussemburgo, che pur perdendo il 78%, in valore assoluto ha ridotto i passeggeri di poco meno di cinque milioni. Al contrario, a non essere stata toccata dal drastico calo dei passeggeri, la Norvegia, dove il trasporto ferroviario è rimasto stabile, registrando solo un decremento dello 0,2%.

L’Italia è invece il quinto paese per calo percentuale di passeggeri ferroviari in un anno, il 77%, che corrispondo ad un totale di oltre 177,4 milioni di passeggeri in meno rispetto al secondo trimestre del 2019. Quindi, la classifica, considerando i valori assoluti, vedrebbe l’Italia al terzo posto per passeggeri persi durante il periodo del lockdown, su base annua, subito dopo Germania e Francia.

Per quanto riguarda l’Italia il calo del numero dei passeggeri è dipeso da due fattori simultanei, da un lato il calo della domanda, quindi la riduzione delle persone che vogliono e possono spostarsi in treno, dall’altra la riduzione dell’offerta, ovvero la disponibilità dei posti a sedere che con i vari Dpcm è sempre stata per legge molto inferiore rispetto alla capienza totale del mezzo (attualmente è del 50% in meno). Questa combinazione ha avuto anche ripercussioni economiche per le compagnie ferroviarie: sia per Trenitalia che per Italo, la crisi legata al coronavirus sta pesando economicamente sui conti.

 

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