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Come Stati Uniti e Cina si preparano alle sfide del futuro

Ritorno del multilateralismo e lotta al cambiamento climatico, ma prima c’è da affrontare la crisi e superare la pandemia

di Fabio Germani

L’economia mondiale sta subendo i contraccolpi degli effetti derivanti dalla pandemia e ora, per superare la crisi, il suggerimento che è emerso dal World Economic Forum “virtuale” di questi giorni è quello di strutturare una risposta sistemica che possa tenere conto non solo delle soluzioni più immediate, ma anche delle sfide del futuro, dal lavoro all’ambiente. Ed è ovvio che, come di consueto, sono due i player sotto osservazione: gli Stati Uniti e la Cina.

Sulla scia di quanto già avvenne nel 2017, quando si presentò al World Economic Forum di Davos in veste di bastione della globalizzazione in risposta alle chiusure dell’America di Trump, il presidente cinese Xi Jinping anche stavolta ha rilanciato l’idea di multilateralismo – cara all’attuale amministrazione statunitense, ma su cui Pechino mira alla leadership – opponendosi all’idea di «una nuova guerra fredda». Un discorso che è stato anche a tratti duro, una critica sottintesa all’atteggiamento di Washington e alla guerra commerciale degli ultimi anni, ma che aveva l’obiettivo di tendere la mano al nuovo corso di Joe Biden

Per gli Stati Uniti la Cina rimane un “avversario strategico”, ma è proprio basandosi sul principio del multilateralismo che Biden intende affrontare il dossier. Non è facile immaginare un cambio di rotta repentino ed è ancora più difficile capire in che modo l’Europa sarà della partita, date le distanze che ormai persistono tra le due sponde dell’Atlantico dai tempi dell’amministrazione Obama e di recente inasprite con Trump alla Casa Bianca. È certamente atteso un riavvicinamento tra le parti (Biden ha già avviato colloqui con i principali leader europei), meno chiaro – a parte l’impegno nella lotta al cambiamento climatico con il ritorno statunitense nell’accordo di Parigi – è individuare subito le questioni su cui avverrà una più stretta convergenza. 

Ad oggi sappiamo che la crisi, che non ha risparmiato nessuno, sta comunque premiando la Cina. Che è l’unica potenza economica ad aver chiuso il 2020 in crescita e, notizia di questi giorni, ha superato gli Usa per investimenti stranieri diretti. I nuovi investimenti si sono attestati a 163 miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti si sono fermati a 134 miliardi, stando alla Conferenza delle Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo. Questo è avvenuto a fronte di un calo del 4% nel 2020 per la Cina e del 49% per gli Stati Uniti.

La prima risposta dell’amministrazione Biden alla crisi è stata l’approvazione di decreti a favore del principio “buy American” così da avvantaggiare il comparto manifatturiero e l’industria interna. Le misure allargano l’impegno ad acquisti da parte del governo federale, nei contratti di fornitura, di beni Made in Usa. Un provvedimento che vuole anche “avvicinare” le piccole e medie imprese americane. Troppo presto per capire se questo è l’inizio di una fase protezionista dai toni meno accesi rispetto alla precedente amministrazione, ma di certo i “vicini” europei osservano con attenzione.

@fabiogermani

 

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