Famiglie, reddito in calo per una su tre
Secondo il Rapporto Agi/Censis, “Il lavoro inibito: l’eredità dopo la pandemia”, per il 5,5% delle famiglie il reddito si è dimezzato
di Redazione
L’Istat, nel report “Conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, reddito e risparmi delle famiglie e profitti delle società”, relative al quarto trimester del 2020 aveva già segnalato un calo medio del reddito disponibile lordo delle famiglie dell’1,8% a fine 2020 rispetto al trimestre precedente e una diminuzione del 2,7% rispetto allo stesso periodo di un anno prima. Sabato, nel Rapporto “Il lavoro inibito: l’eredità dopo la pandemia”, AGI e Censis sono entrati ancor più nel dettaglio, spiegando che in media, a causa della pandemia e delle misure restrittive attuate per limitare i contagi da coronavirus, una famiglia italiana su tre ha accusato una riduzione del reddito nell’arco dell’ultimo periodo.
Secondo lo studio, il 5,5% dei nuclei familiari italiani ha subìto una riduzione del 50% rispetto al periodo pre pandemico, mentre quasi una famiglia su dieci (più precisamente il 9,1%) ha riscontrato un calo del reddito compreso tra il 25 ed il 50%. Per il 16%, invece, il Rapporto segnala una riduzione inferiore al 25%.
Il 43,2% dei lavoratori autonomi, emerge dal Rapporto, ha dichiarato invariato il proprio reddito rispetto a prima della pandemia, contro il 66,5% dei lavoratori dipendenti. Stando a quanto riportato dal Censis in un comunicato stampa «se si sommano le famiglie che hanno comunque riscontrato una perdita di reddito, quelle dei lavoratori dipendenti raggiungono il 27,9%, ma la percentuale raddoppia tra quelle dei lavoratori autonomi (54,7%)».
«Già prima della pandemia – si legge ancora -, il «lavoro povero» (con meno di 9 euro all’ora) riguardava quasi 3 milioni di occupati, di cui il 53,3% era rappresentato da uomini e il 46,7% da donne. Si trattava di oltre un milione di lavoratori giovani (con meno di 30 anni) e di 1,4 milioni con un’età tra i 30 e i 49 anni. Il 79% apparteneva alla categoria degli operai (2,3 milioni) e il 12,3% a quella degli impiegati».