Allarme inflazione e pandemia, così la ripresa potrebbe rallentare
L’Ocse taglia leggermente le stime del Pil mondiale, mentre la crescita sarà del 4,5% nel 2022 per poi scendere al 3,2% nel 2023
di Redazione
La nuova accelerazione dell’inflazione registrata dall’Istat a novembre – +0,7% mensile e +3,8% annuo, il massimo da settembre 2008, mentre l’inflazione di fondo risulta ai massimi da marzo 2013 – desta preoccupazione e mette allarme per la ripresa, come ha osservato, tra gli altri, Confcommercio. L’inflazione risulta in crescita un po’ ovunque e anche nell’Eurozona, secondo l’Eurostat dovrebbe essere del 4,9% a novembre 2021, in aumento dal 4,1% di ottobre.
Il problema, si diceva, è complessivo. E si aggiunge alle altre minacce per l’economia, quali i possibili effetti della variante Omicro, circostanze che – afferma l’Ocse – potrebbero rallentare il ritorno alla normalità delle filiere logistiche e intensificare le pressioni inflazionistiche.
Secondo l’Ocse nel 2021 il paese più dinamico del G7 sarà il Regno Unito che crescerà del 6,9%, seguito da Francia (+6,8%) e Italia (+6,3%). L’incremento del Prodotto interno lordo (PIL) è previsto tuttavia in rallentamento ovunque nei prossimi periodi. Quest’anno dovrebbe attestarsi al 5,6%, in lieve ribasso rispetto alle stime di primavera. Nel 2022 la crescita a livello mondiale sarà del 4,5% (5,5% nel 2021) e nel 2023 del 3,2%. Nell’Eurozona l’incremento del Pil è stimato al 4,3% l’anno prossimo e al 2,5% nel 2023. L’Italia dovrebbe però mantenersi leggermente sopra la media con un +4,6% nel 2022 e +2,6% l’anno successivo. Al rialzo, infine, le previsioni sull’inflazione, le cui pressioni sono apparse «più forti e durature in tutte le economie in una fase insolitamente precoce del ciclo e si registrano carenze di manodopera anche se l’occupazione e le ore lavorate devono ancora recuperare completamente».
Delle preoccupazioni per l’inflazione dell’Ufficio Studi di Confcommercio, accennavamo. «La forte spinta proveniente dagli energetici – osserva a tale proposito –, cui si accompagnano i problemi di scarsità di materie prime e di approvvigionamento lungo alcune filiere, comincia a produrre effetti anche su altri comparti. Questa situazione, che non è stata ancora interiorizzata nei comportamenti delle famiglie, rischia di generare già dall’inizio del prossimo anno un brusco rallentamento delle dinamiche produttive. Le famiglie, di fronte a un ridimensionamento del reddito disponibile reale, potrebbero modificare quell’atteggiamento favorevole verso il consumo che ha spinto, come confermato anche nel terzo trimestre, il recupero dell’attività economica. Ridimensionamento della domanda che potrebbe interessare principalmente i beni e i servizi commercializzabili, quelli che hanno sofferto in misura più evidente delle limitazioni imposte dalla pandemia».