Lavoro: le criticità della libera professione in Italia
Crisi, pandemia e divari sociali fanno scendere il numero dei lavoratori indipendenti
di Redazione
Nella Legge di bilancio 2023, la cui approvazione dovrebbe avvenire a breve per scongiurare l’esercizio provvisorio oltre la data del 31 dicembre 2022, sono diverse le misure che avranno una qualche ripercussione sui redditi dei lavoratori italiani, non solo di quelli dipendendenti, ma anche autonomi e professionisti. Nel secondo caso l’estensione della tassa piatta al 15% dovrebbe interessare, secondo stime, circa 40 mila lavoratori autonomi. Questi ultimi sono tra coloro che hanno subito maggiormente le conseguenze delle crisi che si sono susseguite negli anni, registrando un crollo con la pandemia, soprattutto nella sua fase più acuta.
La crisi pandemica, insomma, ha “licenziato” molti lavoratori indipendenti. Stando al Censis, nel 56° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2022, nel 2021 il mercato del lavoro italiano contava 22,5 milioni di occupati, per la maggior parte dipendenti (17,6 milioni), mentre il numero dei lavoratori indipendenti scendeva da 5,2 milioni nel 2019 a 4,9 milioni nel 2021, una diminuzione pari a -6,4%.
La contrazione maggiore, spiega il Censis, si rileva soprattutto per i lavoratori in proprio, che registrano una flessione del 9,8%, mentre tra il 2019 e il 2021 gli imprenditori vedono la loro quota aumentare del 6,6%. I liberi professionisti (1,4 milioni nel 2021) sono diminuiti dal 2019 dell’1,8%. Secondo un’indagine del Censis, poi, un terzo degli avvocati ha considerato l’ipotesi di abbandonare la professione (32,8%), soprattutto per i costi eccessivi che l’attività comporta cui non corrisponde una ricompensa economica adeguata (63,7%) e per il calo della clientela nel corso degli anni (13,8%).
Alla base di un decremento che può riguardare autonomi e liberi professionisti si rilevano, ancora oggi, le ormai ataviche lacune legate ai divari di genere o di età. Elementi che si osservano proprio negli andamenti dei redditi medi nella professione di avvocato, già indagata dal Censis. Da una parte, scrive l’istituto, occorre sommare il reddito di due donne avvocato per avvicinarsi al livello medio percepito da un uomo (23.576 euro contro quasi 51 mila), dall’altra il reddito di un avvocato con meno di trent’anni non è neanche un terzo di quello percepito dagli ultracinquantenni (circa 13 mila euro contro 45.943 euro per la fascia di età 50-54 anni).
Nell’edizione 2021 del consueto Rapporto Censis, emergeva che dal 2008 al 2020 il lavoro indipendente in Italia si è ridotto di 719 mila unità, passando da quasi sei milioni di occupati a poco più di cinque milioni (-12,2%). Nello stesso periodo il lavoro dipendente, nonostante le ripetute crisi, è aumentato di oltre mezzo milione di occupati. Per quanto nel periodo considerato le libere professioni siano aumentate (+241 mila occupati: +20,9%), tra il 2019 e il 2020 il saldo finale è comunque negativo, con una riduzione di 38 mila occupati. Eppure, veniva fatto notare, il 40% degli italiani definiva la libera professione un’attività prestigiosa, che fa valere le competenze acquisite e l’impegno dedicato allo studio, confermandone l’appeal nonostante le difficoltà evidenziate.