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I costi sociali ed economici dell’emergenza caldo

Da un lato i sistemi sanitari potrebbero essere messi sotto pressione, dall’altro potrebbero verificarsi danni all’agricoltura (con conseguenti rincari sui prezzi)

di Redazione

L’emergenza caldo pone diversi interrogativi, tanto in termini immediati, quando di lungo periodo. Le preoccupazioni, infatti, non riguardano solo le temperature raggiunte negli ultimi giorni, ma le medie annuali che, ormai da qualche tempo, registrano valori record costanti. Il caldo eccessivo provoca danni per la salute ed economici, diretti o indiretti, come dimostrano alcuni dati.

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Proprio nelle ultime ore, l’Organizzazione mondiale della sanità ha messo in guardia sull’impatto del caldo estremo sui sistemi sanitari, messi sotto pressione. Sempre secondo i dati dell’OMS, negli ultimi 50 anni le temperature elevate sono state responsabili di 148 mila morti in Europa, ma solo nel 2022 sono state 15 mila, più del 10% del totale. Le conseguenze sono anche per chi lavora: l’OMS stima un aumento del rischio di incidenti del 5-7% con temperature superiori ai 30 gradi, ma la percentuale può salire tra il 10 e il 15% quando il termometro segna oltre 38 gradi. In questo senso i costi sociali causati dal caldo potrebbero rivelarsi altissimi.

Per quanto riguarda invece un impatto più diretto sull’economia, quello agricolo è uno dei settori che maggiormente risente della situazione. Il caldo torrido – è la considerazione che fa Coldiretti in un recente monitoraggio – sta “bruciando” la frutta e verdura nei campi con ustioni che provocano perdite, dall’uva ai meloni, dalle angurie alle albicocche, dai pomodori alle melanzane. Inoltre, osserva ancora Coldiretti, le temperature elevate tagliano anche le produzioni di uova, latte e miele. «Se nei pollai si registra un netto calo della produzione di uova – aggiunge la Coldiretti – le api stremate dal caldo hanno smesso di volare e non svolgono più il prezioso lavoro di trasporto di nettare e polline. Con il termometro sopra i 40 gradi ci sono forti ripercussioni con la produzione di latte scesa di oltre il 10% per le mucche nelle stalle, mentre le pecore sono costrette a migrare in altura per cercare pascoli verdi. Nelle stalle sono in funzione a pieno ritmo ventilatori e doccette refrigeranti per salvare le mucche che a causa dell’afa mangiano poco, bevono molto fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 di periodi normali e producono di meno visto che per loro il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi».

Tutto ciò rischia di tradursi in un rincaro dei prezzi dei prodotti, che già a giugno – quando le temperature non erano ancora ai livelli attuali – hanno registrato aumenti, secondo precedenti elaborazioni Coldiretti su dati Istat, del 7,8% per la frutta rispetto allo stesso mese dell’anno prima e del 17,4% per la verdura.

 

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