Scuola, Save The Children: «Dopo il Covid, le risorse destinate all’istruzione tornano a calare» | T-Mag | il magazine di Tecnè

Scuola, Save The Children: «Dopo il Covid, le risorse destinate all’istruzione tornano a calare»

«L’anno scolastico 2023 si apre in salita. Nonostante sia il primo a ricominciare dopo la fine ufficiale della pandemia (dichiarata dall’OMS), resta l’impoverimento educativo che il Covid-19 ha causato in questi anni». Lo denuncia Save The Children, diffondendo un nuovo rapporto, “Il mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”, lanciato in vista della riapertura delle scuole. Dal report emergono «diseguaglianze educative che compromettono i percorsi di crescita di bambine, bambini e adolescenti in Italia». In particolare sono tornati a diminuire gli investimenti nell’istruzione. Che attualmente si fermano al 4,1% del Prodotto interno lordo, meno rispetto alla media europea, al 4,8%. «A questo si aggiunge la carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno, che restano ancora appannaggio di pochi», prosegue Save The Children, fornendo anche qualche dato in più, utile a comprendere meglio la situazione. Dal rapporto scopriamo così che «la copertura nelle strutture educative 0-2 anni pubbliche e private nell’anno educativo 2021/2022 è pari a 28 posti disponibili per 100 bambini residenti, ancora ben al di sotto dell’obiettivo europeo del 33% entro il 2010 e molto lontano dal nuovo obiettivo stabilito a livello europeo del 45% entro il 2030». Spulciando gli ultimi dati che sono a disposizione, quelli relativi all’anno scolastico 2021-2022, emerge che «ancora solo il 38,06% delle classi della scuola primaria è a tempo pieno» – percentuale in crescita rispetto a cinque anni prima: 32,4% nell’anno scolastico 2017-2018 – mentre poco più poco più della metà degli alunni della primaria frequenta la mensa scolastica (54,9% versus 51% dell’a.s. 2017/2018). C’è poi un altro dato, preoccupante tanto quanto i precedenti. Quello relativo alla dispersione scolastica che in Italia risulta superiore alla media europea, rispettivamente 11,5% contro il 9,6% (dati relativi al 2022).

 

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