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Lavoro: l’impatto della crisi demografica sui livelli occupazionali

Non solo l’età. Anche i divari di genere e di istruzione restano dei punti deboli per il nostro mercato del lavoro

di Redazione

La crisi demografica che da tempo sta interessando l’Italia si misura anche in termini economici. Un esempio è l’impatto che si osserva sul mercato del lavoro, la cui contrazione delle fasce più produttive comporterà in futuro una potenziale riduzione della forza lavoro. Come fa notare l’Istat nell’Annuario statistico italiano 2023, la dinamica demografica influenza l’andamento degli indicatori relativi ai livelli occupazionali per classe di età. Lo scorso anno, registra l’Istat, il numero di occupati tra i 35-44 anni diminuisce (-0,6%) e aumenta tra i 45-54enni (+1%), nonostante il tasso di occupazione aumenti per entrambe le fasce di età (+1,8 e +1,6 punti, rispettivamente). L’aumento della popolazione tra i 55 e i 64 anni – aggiunge perciò l’Istituto nazionale di statistica – determina anche un significativo incremento del numero di occupati in questa fascia d’età (+4,9%), che si riflette in un aumento del tasso di occupazione (+1,6 punti). 

Photo by Christin Hume on Unsplash

Le storture del mercato del lavoro italiano, al netto dei miglioramenti che pure si sono osservati, si vedono anche nei divari di genere, che restano ampi. Se nel 2021 – afferma l’Istat – la crescita dell’occupazione femminile è stata maggiore di quella maschile, dopo il calo più evidente dell’anno precedente, nel 2022 l’aumento del numero di occupati è simile per le due componenti di genere (+2,4% per uomini rispetto a +2,5% tra le donne). Tuttavia, emerge dall’Annuario, il tasso di occupazione 15-64 anni aumenta di 2,1 punti per gli uomini rispetto a 1,7 punti per le donne, con il gap di genere che supera i 18 punti: il tasso di occupazione maschile è il 69,2% contro il 51,1% di quello femminile.

Differenze si notano anche sul piano dei livelli di istruzione. Il tasso di occupazione, infatti, aumenta di 2,1 punti per i diplomati rispetto a 1,4 punti dei laureati e a 1,6 punti di chi ha conseguito al massimo la licenza media. Ad ogni modo l’Istat conferma il vantaggio per gli individui più istruiti: il tasso di occupazione tra i 15-64enni passa da un minimo del 44,6% per chi possiede fino alla licenza media, al 65,8% dei diplomati, a un massimo dell’80,6% per i laureati. Un aspetto, quest’ultimo, da non sottovalutare alla luce di un mondo del lavoro in piena transizione digitale per cui saranno richieste alle persone competenze sempre più sofisticate. 

 

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