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Usa 2016. Il mailgate, in breve e dall’inizio

La decisione del Bureau di riaprire l'inchiesta chiusa a luglio ha favorito per qualche giorno la campagna di Donald Trump. Ma Hillary Clinton non verrà incriminata
di Matteo Buttaroni

Il Direttore del Federal bureau of investigation, James Comey, assicurando che Hillary Clinton non verrà incriminata per il nuovo caso MailGate, ha sciolto un nodo che stava dando non pochi problemi alla campagna elettorale della candidata democratica. Ma andiamo con ordine: a fine ottobre, a meno di due settimane dalle presidenziali statunitensi, la polizia federale era tornata a parlare della storia delle mail di Hillary Clinton. E ciò, nonostante l’archiviazione dell’indagine nel luglio 2016.

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COSA SI SA?
Poco, se non nulla, oltre al fatto che il Bureau avrebbe trovato nuove email legate all’indagine chiusa a luglio e al fatto che Hillary Clinton non verrà comunque incriminata. Le email all’attenzione dell’FBI sono emerse da controlli effettuati sui dispositivi mobili dell’assistente della Clinton, Huba Abedin, e dell’ex marito di quest’ultima, Anthony Weiner, più volte coinvolto in scandali sessuali (proprio grazie ad un’inchiesta legata ad un nuovo scandalo sessuale dell’ex membro del congresso, l’FBI avrebbe trovato “qualcosa” sulla candidata democratica). Tuttavia, oltre al fatto che Hillary Clinton sarebbe legata in qualche modo a queste mail, ma non in maniera tale da costituire un problema “legale”, maggiori dettagli non sono emersi, tanto che la stessa avrebbe richiesto più volte al Bureau di fare chiarezza sulla questione.

GLI EFFETTI DELL’INCHIESTA
Chiarezza che, qualche giorno fa, ha chiesto anche il presidente Barack Obama. Inizialmente, il fatto che il Bureau avesse diffuso la notizia di un potenziale legame tra le mail trovate nel telefono di Weiner e la candidata democratica, senza però fornire dettagli al riguardo, stava creando non pochi problemi in vista delle elezioni. Secondo il presidente la polizia federale, operando con “informazioni incomplete” stava influenzando negativamente la campagna elettorale della candidata democratica, favorendo il rivale Trump. E, volente o nolente, ci stava riuscendo: più si avvicinava l’8 novembre e più il distacco nei sondaggi sul candidato repubblicano si riduceva, al punto che secondo un sondaggio ABC News/Washington Post, Trump era passato in vantaggio di misura. In seguito alle dichiarazioni dell’FBI, anche altre rilevazioni hanno registrato una situazione più incerta: secondo New York Times/Cbs il vantaggio di Hillary Clinton su Donald Trump si sarebbe ridotto a tre punti, dai 12 punti ottenuti in seguito alla vittoria del terzo dibattito.

IL CASO MAILGATE, DALL’INIZIO
Come si è arrivati questo punto e cosa si intende con MailGate? Stando alla Federal Records Act, al termine del suo mandato come Segretario di Stato, Hillary Clinton, o il suo staff per lei, avrebbe dovuto consegnare tutti i documenti governativi, nonché le mail, al Dipartimento di Stato per archiviarle. Email che però non sono mai state consegnate (se non in un secondo momento, ma lo vedremo più avanti), in quanto, nel corso del suo incarico alla segreteria di Stato (2009-2012) durante il primo mandato di Barack Obama, Clinton non avrebbe mai usato la casella di posta governativa. Al contrario, si sarebbe servita per tutti e quattro gli anni di un indirizzo email personale (appoggiato su un dominio creato poco tempo prima della sua nomina, clintonemail.com) anche per le questioni governative. Quando il dipartimento di Stato chiese le mail contenute nell’account privato, lo staff selezionò circa 55 mila mail e le consegnò per l’archiviazione, il resto (circa altre 38 mila) fu contrassegnato come personale ed eliminato. Non solo, la casella fu anche sovrascritta, in modo da non poter risalire al contenuto precedente. Bisogna comunque sottolineare che tutto ciò, pur non avendo precedenti nella storia degli Stati Uniti, non costituisce reato, se non una mancanza di trasparenza da parte di Hillary Clinton, cosa, per altro, che le è stata contestata spesso. Senza contare poi, che l’utilizzo di una casella postale governativa garantisce una tutela in più per email potenzialmente pericolose per la sicurezza nazionale. Quello che ancora non si sa è, per l’appunto, se tra email cancellate ce ne fosse qualcuna secretata per motivi d’ufficio o potenzialmente rischiosa per la sicurezza nazionale, un’ipotesi più volte respinta dalla stessa candidata democratica. Fatto sta che l’inchiesta è stata archiviata nel luglio 2016 e l’FBI non si è pronunciato più in merito. Almeno fino al 28 ottobre quando l’inchiesta è stata riaperta in seguito al ritrovamento delle email “pertinenti” con il caso.

Le puntate precedenti:
Usa 2016. I primi cento giorni di Trump e Clinton
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