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Brexit e tensioni commerciali, i fattori di debolezza per l’economia internazionale

Analizzando il quadro su scala mondiale, l’Istat continua ad osservare segnali di rallentamento. Mentre per l’Italia si confermano «le difficoltà dell’attuale fase ciclica»

di Redazione

A quanto pare, le buone notizie per l’economia italiana tardano ad arrivare. Secondo l’Istat, infatti, tenuto anche conto del peggioramento dei giudizi e delle attese sulla situazione economica generale delle famiglie consumatrici, l’indicatore anticipatore registra un’ulteriore diminuzione, «confermando le difficoltà dell’attuale fase ciclica dell’economia italiana». È un periodo in salita, per l’Italia e non solo. Perché a ben vedere i segnali di debolezza emergono anche altrove.

Più o meno, da un po’ di tempo a questa parte, i fattori di incertezza sono sempre gli stessi: la Brexit (cresce il pessimismo in vista del voto del 12 marzo con cui il Parlamento britannico dovrà esprimersi in merito al piano b di Theresa May), le tensioni politiche che si osservano in diversi paesi e la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, sebbene – da quanto rferito in questi giorni – prossima alla soluzione. Non a caso anche Pechino, in occasione del Congresso annuale dell’Assemblea nazionale del popolo cinese, ha parlato esplicitamente di un 2019 difficoltoso.

Nello specifico, spiega l’Istat analizzando il quadro internazionale all’interno della consueta nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, la situazione a livello globale continua a mostrare segnali di rallentamento. Gli indici anticipatori compositi dell’Ocse, in discesa da fine 2017, mantengono un orientamento negativo che non suggerisce la possibile presenza di punti di svolta ciclica nel breve periodo. A dicembre, continua l’Istat, il commercio internazionale di merci in volume (fonte Central Planning Bureau) è diminuito per il secondo mese consecutivo (-1,7% la variazione congiunturale e -1,8% a novembre). Nel complesso, nel 2018 gli scambi mondiali di beni in volume sono cresciuti del 3,3%, in netta decelerazione rispetto all’anno precedente (+4,7%). Segnali negativi per l’economia internazionale, infine, provengono anche dagli indici di fiducia delle imprese dei principali paesi/aree dove i giudizi sfavorevoli sulla situazione corrente si sommano a quelli sulle aspettative.

La possibile escalation del protezionismo continua a costituire uno dei principali rischi al ribasso per l’economia internazionale, osserva perciò l’Istat. «Oltre ai paesi con legami commerciali più intensi e diretti con Cina e Stati Uniti, la partecipazione alle catene globali del valore potrebbe amplificare e diffondere gli effetti negativi anche a paesi terzi».

Un occhio particolare alla Cina. A febbraio, l’attività del settore manifatturiero cinese si è contratta, con gli ordinativi dall’estero in discesa ai minimi da dieci anni. Nello stesso mese, l’indice Pmi sulla manifattura (fonte Istituto nazionale di statistica cinese) ha evidenziato un ulteriore calo, mantenendosi sotto la soglia di espansione. L’obiettivo di crescita annunciato recentemente dal governo cinese per il Pil 2019 è stato ridotto all’intervallo tra il 6 e il 6,5% (il range più basso degli ultimi trenta anni) dal precedente 6,5%. «In questo contesto di forte incertezza sull’evoluzione del ciclo economico mondiale – è l’ulteriore considerazione –, le condizioni monetarie si mantengono espansive nei principali paesi con possibili effetti di sostegno all’attività economica. La Federal Reserve e la Bce hanno, infatti, interrotto i processi di normalizzazione della politica monetaria per valutare attentamente l’intensità e gli effetti del rallentamento globale».

In effetti, le principali economie mondiali – tra queste Stati Uniti, Giappone e Germania – stanno registrando valori al ribasso, il che conferma un rallentamento dell’attività economica. In particolare negli Stati Uniti, nel quarto trimestre del 2018 il Pil è cresciuto (+0,7% la variazione congiunturale), ma ha mostrato una decelerazione rispetto al trimestre precedente (+0,9%). La domanda interna continua a fornire un significativo apporto positivo mentre è negativo il contributo delle esportazioni nette. In Germania il Pil ha segnato nel quarto trimestre una variazione congiunturale nulla dopo il -0,2% del periodo precedente, con una significativa decelerazione della crescita tendenziale (+0,6% nel quarto trimestre da +1,2% del terzo).

 

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