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Il “peso” della guerra in Ucraina su economia e inflazione dell’Eurozona

Rallenta l’attività economica, con l’indice PMI in discesa. Secondo la Bce il conflitto produrrà un «impatto rilevante»

di Redazione

È atteso un «impatto rilevante» sull’economia e sull’inflazione nell’area euro dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia. Tali conseguenze si produrranno «attraverso il rincaro dell’energia e delle materie prime, le turbative del commercio internazionale e il peggioramento del clima di fiducia». A rilevarlo è la Banca centrale europea nel bollettino economico, aggiungendo che l’entità degli effetti «dipenderà dall’evoluzione del conflitto, dall’impatto delle sanzioni attuali e da eventuali ulteriori misure».

Ad ogni modo, come deciso dal Consiglio direttivo del 10 marzo, «se i nuovi dati confermeranno l’aspettativa che le prospettive di inflazione a medio termine non si indeboliranno, si porrà termine agli acquisti netti» di titoli nel terzo trimestre. Se invece le prospettive di inflazione a medio termine dovessero moderarsi o le condizioni di finanziamento risulteranno incoerenti con ulteriori progressi verso il conseguimento dell’obiettivo del 2%, «il Consiglio direttivo sarà pronto a rivedere il calendario degli acquisti netti di attività in termini di entità e/o durata».

Secondo la Bce, l’inflazione è aumentata al 5,8% a febbraio dal 5,1% di gennaio, mentre le previsioni descrivono un ulteriore salita nel breve termine. «L’inflazione energetica, che ha raggiunto il 31,7% a febbraio, continua a essere la ragione principale dell’alto tasso di inflazione generale e sta spingendo al rialzo i prezzi in molti altri settori. I costi dell’energia sono aumentati ulteriormente nelle ultime settimane e ci sarà una maggiore pressione su alcuni prezzi di generi alimentari e materie prime a causa della guerra in Ucraina».

L’impatto dell’invasione russa in Ucraina si fa dunque sentire sui livelli di attività economica dell’Eurozona, dove a marzo IHS Markit ha registrato un rallentamento dell’indice PMI, sceso a 54.5 punti dai 55.5 di febbraio. Gli effetti della guerra, tuttavia, sono stati controbilanciati dall’allentamento diffuso a quasi tutta l’area delle misure anti-Covid, che ha comportato una ripresa della domanda. Ma gli effetti potrebbero svanire nei prossimi mesi. 

A frenare maggiormente è stata la produzione manifatturiera, il cui tasso di espansione è crollato ai minimi dallo scorso ottobre, soffrendo soprattutto i nuovi ordini dall’estero. Male anche i servizi che, nonostante l’allentamento delle restrizioni, hanno fatto i conti con un aumento della domanda lieve, soprattutto se confrontata con i livelli di febbraio. Attualmente, spiega poi IHS Markit nell’analisi, l’impatto maggiore della guerra si è registrato sui prezzi, «con le aziende che hanno ampiamente collegato l’invasione dell’Ucraina al nuovo aumento dei costi di gestione, peggiorando gli equilibri tra domanda e offerta e causando un’impennata dei prezzi energetici». Sia i prezzi medi di acquisto del manifatturiero che quelli del terziario hanno superato di molto ogni record registrato dal 1998.

 

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