Crisi, gli aspiranti leader in stand-by da spread
Matteo Renzi ha cercato la scalata al Partito democratico, partendo dal “Big Bang” della Stazione Leopolda. La replica del segretario Bersani è giunta da piazza San Giovanni per la manifestazione nazionale del Pd, che ha peraltro segnalato la lontananza tra alcuni (forse molti) elettori democratici e il sindaco di Firenze. Tuttavia, il confronto che sembrava dovesse animare i prossimi mesi è stato arrestato. In pochi giorni il duello tra i due spadaccini democratici, con tanto di opposte fazioni come tifoseria, è stato rinviato a data da destinarsi. Magari a quando il pubblico sarà più numeroso e potrà prestare maggiore attenzione al duello. L’aggravarsi della crisi, con l’aumento dello spread Btp/Bund a livelli d’emergenza, ha praticamente messo in stand-by la lotta per la leadership democratica, e non solo. Nell’intero centrosinistra, infatti, la parola primarie è scivolata in secondo piano, superata (e doppiata) dal dibattito sulla “salvezza nazionale”, che peraltro straccia in mille pezzettini la “fotografia di Vasto”. Bersani è pro-Monti, Di Pietro no, Vendola forse.
Sulla sponda del centrodestra, la situazione non è tanto diversa. Silvio Berlusconi ha rallentato il passaggio di consegne con il “delfino” Alfano, Formigoni ha invocato “responsabilità” e il resto del Pdl si sta dilaniando sulla posizione da assumere rispetto all’ipotesi di governo tecnico.
La strategia di comunicazione degli aspiranti leader, in sintesi, è stata all’insegna della prudenza con la scusante del senso dello Stato, ma nella concreta consapevolezza che non è proprio conveniente prendere in carico la guida di un partito in un momento tanto delicato. E non è proprio una bella istantanea di carisma.