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Lavoro e migranti, al via la campagna “Stopcaporalato”

Cgil, Fillea e Flai li hanno stimati in 550 mila persone. All’incirca 400 mila nel settore agricolo, 150 mila nell’edilizia. Sono i lavoratori che vivono in condizioni miserrime e senza alcuna tutela se non quelle –non propriamente a fin di bene – dei cosiddetti caporali.
Per queste ragioni è stata lanciata la campagna Stopcaporalato che riguarda la raccolta firme e una serie di iniziative già intraprese su tutto il territorio nazionale.
“Il fenomeno del caporalato – si legge nell’appello – è particolarmente presente nei settori dell’edilizia e dell’agroindustria, dove un numero sempre maggiore di operai e braccianti, italiani e migranti, sono sottoposti al ricatto ed allo sfruttamento da parte di caporali, spesso al soldo di organizzazioni criminali.
Su questa diffusa realtà talvolta si sono accesi i riflettori dei mass media, imponendo all’attenzione di tutti la triste realtà del lavoro nero e delle condizioni disumane in cui sono costretti migliaia di lavoratori. Avvenne un anno fa con la rivolta di Rosarno, avviene talvolta in occasione di una tragedia in cantiere. Ma purtroppo, passato il clamore tutto rimane come prima ed i lavoratori continuano ad essere soggiogati al ricatto di questi criminali pur di poter continuare a lavorare onestamente.
Le nostre stime prudenziali indicano in 550mila il numero complessivo dei lavoratori nelle mani dei caporali ed il oltre 800mila i lavoratori a nero”.
Spesso, hanno sottolineato i sindacati, i lavoratori che vivono tale situazione sono migranti che accettano il ricatto, costretti come sono a dichiarare meno ore di lavoro o ad aprire false partite Iva, pur di guadagnare qualche cosa. Si tratta di una fetta consistente di lavoratori non censiti per cui anche gli infortuni (ne abbiamo parlato spesso su queste pagine) non verrebbero contemplati nelle statistiche ufficiali né assistiti nelle cure mediche. Nella manovra di Ferragosto è stato introdotto, sebbene la materia non sia ancora del tutto chiara, il reato di caporalato che prevede fino a otto anni di reclusione (ma solo in caso di aggravanti, quali il ricorso alla violenza) e sanzioni pecuniarie. Ma spesso accade che per mantenere il lavoro, per quanto non gratificante, molti di coloro che subiscono le ingiustizie siano disposti all’omertà. Così tutto resta sottaciuto. “Per questo – concludono i sindacati –, rivolgiamo un appello a tutte le donne e gli uomini di buon senso, a tutto il mondo del volontariato e dell’associazionismo, al mondo della cultura, dell’informazione, dello spettacolo, dello sport, agli imprenditori e alle loro associazioni, ai giovani ed agli studenti, alla società civile tutta, affinchè facciano propria la nostra richiesta di riconoscere il caporalato un reato in quanto tale, prevedere pene e sanzioni adeguate, introdurre clausole di salvaguardia per i lavoratori migranti non in regola con il permesso di soggiorno che vogliono denunciare i propri sfruttatori”.

 

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