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Se la Consulta respinge il referendum elettorale

di Pietro Raffa

Cresce l’attesa per l’11 gennaio, data in cui la Corte Costituzionale si pronuncerà sui quesiti referendari congeniati al fine di modificare l’attuale legge elettorale. Qualche giorno fa Repubblica ha provato a schematizzare le posizioni dei giudici: al momento vi sarebbero 6 favorevoli, 5 contrari e 4 incerti. La Corte ha successivamente smentito queste voci.
Personalmente sono sempre stato critico nei confronti del Porcellum, principalmente per motivi di carattere tecnico. Scrivevo qualche tempo fa:

La prima questione che salta agli occhi, analizzando l’attuale legge elettorale, è che a causa del premio di maggioranza spettante alla lista o alla coalizione di liste che ottiene la maggioranza relativa (alla Camera su base nazionale, al Senato su base regionale), i partiti sono portati ad un’aggregazione forsennata. Un’aggregazione solo momentanea ed apparente, data la successiva, evidente frammentazione interna alle coalizioni (…)
All’interno dell’attuale sistema è inoltre riscontrabile un difetto di trasparenza, laddove esso prevede la possibilità per lo stesso soggetto di candidarsi in più circoscrizioni. Così come può essere ravvisata una carenza di legittimazione democratica nella parte in cui la legge stabilisce l’assegnazione di un premio di maggioranza ex post: non si tratta infatti di un premio che nasce “durante” la competizione nel collegio, come accade altrove, ma di un surplus che viene assegnato successivamente. Allo stesso modo criticabile è stata la scelta del legislatore dell’utilizzo del meccanismo delle cosiddette liste bloccate, presenti anche nel sistema spagnolo e in parte in quello tedesco, affiancate però da una maggiore democraticità interna ai partiti. Per queste, che sarebbero sufficienti, e per altre ragioni, il “porcellum” dovrebbe essere superato.

Detto questo, non mi stupirei se la Corte optasse per il respingimento dei quesiti, temendo il rischio di un vuoto normativo (sentenza n. 15, anno 2008) se al momento delle consultazioni fossero i sì a prevalere (cosa alquanto probabile, secondo uno studio condotto dal Cise a dicembre).
L’imponente raccolta delle firme è certamente il simbolo dello storico periodo in cui viviamo, della voglia di partecipazione dei cittadini e del loro desiderio di riappropriarsi del diritto di scegliere i parlamentari. Questo non è, però, un fattore che deve influenzare il giudizio dei giudici. La Corte Costituzionale non nasce per assecondare la volontà popolare di turno. Al contrario, spesse volte, è stata l’unico organo in grado di frenarla.
La Consulta deve valutare la legittimità costituzionale del referendum. Punto.
In ogni caso, se la Corte decidesse di respingere i quesiti referendari, potrebbe allo stesso tempo dichiarare incostituzionali alcuni aspetti del Porcellum.
A quel punto il nostro Parlamento non potrebbe più far finta di nulla e sarebbe “costretto” ad occuparsi seriamente del tema.

Questo articolo è stato pubblicato inizialmente qui.
Leggi anche l’articolo di Antonio Caputo: Il dibattito sulla legge elettorale.

 

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