Anche l’Italia non rispetta i lavoratori in Cina
“Che in Cina i diritti del lavoro non sono rispettati non è certo una novità, ma colpisce sapere che a sfruttare gli operai cinesi sono anche grandi imprese italiane”. A riferirlo è il giornalista Vittorio Longhi, esperto di standard internazionali del lavoro. “Secondo un’inchiesta del sindacato dei metalmeccanici Fim Cisl, condotta insieme all’agenzia di cooperazione Iscos e al gruppo di ricerca cinese Ico, nella provincia del Guangdong, quella che viene chiamata la ‘fabbrica del mondo’ – spiega Longhi –, sono migliaia i lavoratori senza diritti in varie aziende italiane, tra cui Candy, Marelli (Gruppo Fiat), De Longhi, Piaggio, ST Microelectronics”.
La notizia, nota ancora Longhi, è passata inosservata, “ma le accuse sono gravi: salari e welfare sotto gli standard minimi, orari di lavoro eccessivi, violazione della libertà di associazione, di contrattazione collettiva e persino delle norme in materia di salute e sicurezza. Condizioni che riguardano 16 multinazionali metalmeccaniche, a casa madre o fornitrici d’imprese italiane per un totale di 12.470 addetti”. Dunque, “l’invito a vigilare maggiormente sul rispetto dei diritti sembra essere rivolto, oltre che alle autorità cinesi, anche a tutti i soggetti coinvolti nelle relazioni industriali in Italia, dai sindacati al governo. Senza contare i consumatori, che dovrebbero decidere i propri acquisti in modo critico e consapevole, anche sulla base del comportamento più o meno etico delle imprese”.