L’accordo sulla legge elettorale
A seguito del vertice di martedì pomeriggio tra i segretari dei partiti che sostengono il governo, Angelino Alfano (Pdl), Pierluigi Bersani (Pd), e Pier Ferdinando Casini (Udc), si è arrivati ad pre-accordo in tema di legge elettorale e riforme costituzionali. L’accordo attende ora di esser tradotto in legge costituzionale, cosa che, per i tempi che si son dati i leader della maggioranza, dovrebbe avvenire in quindici giorni, con la presentazione di un emendamento in Senato.
Partiamo dalle riforme costituzionali. Sulla composizione e sul ruolo del Parlamento, si va verso una riduzione del numero dei parlamentari: i Senatori scenderebbero da 315 a 250; i deputati da 630 a 500; previsto anche il superamento del bicameralismo perfetto: la Camera legifererà sulle materie di competenza dello Stato centrale; il Senato, al contrario, sulle materie a competenza concorrente Stato – Regioni; ancora, solo la Camera voterà la fiducia al governo.
Per quanto riguarda il governo, viene introdotto l’istituto della “sfiducia costruttiva”, già presente in Germania e Spagna; al premier (e non più al presidente della Repubblica) sarà attribuito il potere di nomina e revoca dei ministri; premier che potrà (tranne quando vi sia la sfiducia costruttiva) chiedere al capo dello Stato lo scioglimento della Camera.
Proseguiamo con la legge elettorale: “Porcellum” in archiviazione, soprattutto sulla questione delle liste bloccate, che verranno abolite, riportando in auge non le preferenze, ma i collegi uninominali, con un sistema nel complesso più che altro proporzionale, molto vicino a quello tedesco. Scompaiono la presentazione in coalizione dei partiti ed il “premio di maggioranza”, ma i partiti dovranno indicare il candidato premier. Prevista l’introduzione di una clausola di sbarramento, del 4-5%, e, forse, di un “premio di governabilità”, di 36 seggi per il partito più votato.
Mentre la bozza di riforma costituzionale, nonostante i tempi stringano (manca un anno allo scioglimento delle Camere), rappresenta un buon punto di approdo, l’accordo sulla legge elettorale, invece, resta confuso e potrebbe produrre un sistema tecnicamente complicato, e per la cui operatività necessiterebbe di tempi piuttosto lunghi: vanno infatti disegnati i collegi uninominali, operazione che non può partire prima di due mesi (si sono appena completate le rilevazioni del censimento, i cui risultati si conosceranno solo a maggio), e per la quale (il precedente è del 1993) occorrono 5-6 mesi; ben che vada, insomma, non prima di novembre.
Si potrebbe, invece, puntare su un altro sistema, dagli effetti simili (ma meno complicato), sulla base di un modello che non preveda i collegi uninominali e i conseguenti tempi piuttosto lunghi, per il loro disegno. Un sistema che esaurisca tutto il riparto dei seggi in circoscrizioni di medie dimensioni (e non troppo piccole, come avviene nella più gran parte di quelle spagnole), coniugando così selettività, bipolarismo e diritto di tribuna per le forze minori.