Il dramma del settore edilizio
La crisi non risparmia nulla, men che meno il settore edilizio. Negli ultimi sei anni, per rendere meglio l’idea, sono stati persi 360 mila posti di lavoro. A rilevarlo è l’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni presentato dall’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili.
Il ricorso alla cassa di integrazione guadagni da parte delle imprese di costruzioni, tra il 2008 e il 2011, è aumentato del 93% nel 2009, del 33% nel 2010 e del 4,7% nel 2011. Nei primi dieci mesi del 2012 è stata rilevata una crescita del 28,3% rispetto all’anno precedente.
Quando il fabbisogno potenziale è di circa 600 mila abitazioni, nei primi nove mesi dell’anno le compravendite nel mercato immobiliare sono calate del 23,9%. Molto dipende “dall’estrema incertezza che scoraggia e rinvia le decisioni di investimento delle famiglie, per le difficili prospettive del mercato del lavoro e per la flessione del reddito disponibile” oltre che “dal blocco del circuito finanziario a medio-lungo termine che rende estremamente difficile alle famiglie accedere ai mutui per l’acquisto della casa”.
In pratica, in difficoltà sono tutti i comparti. La produzione di nuove abitazioni, ad esempio, alla avrà perso il 54,2% alla fine del 2013, l’edilizia non residenziale privata segna un calo del 341,6%, le opere pubbliche del 42,9%. Solo il comparto della riqualificazione del patrimonio abitativo esistente presenta un trend positivo del 12,6%.
Quello che ha colpito il settore edilizio, sottolinea l’Ance, è paragonabile ad “un dramma che si consuma nel silenzio e che è paragonabile a 72 Ilva di Taranto, 450 Alcoa, o 277 Termini Imerese”.