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Facebook non ha gli occhi a mandorla

di Francesca Pucci

Il 2010 è stato l’anno del boom delle reti sociali e tra tutte a livello planetario ha dominato incontrastato Facebook con la sua rete di amicizie virtuali. Del resto i numeri parlano chiaro: oltre 600 milioni di account, copertura del 50% degli internauti di quasi ogni nazione in cui è presente (con picchi del 75% come in Indonesia) e negli Usa la parola “facebook” risulta la più ricercata, superando persino Google.
Eppure esistono alcune nazioni nelle quali, per differenti ragioni, l’azienda di Palo Alto non è riuscita ancora ad imporsi come protagonista assoluta. Se in Europa, Nord America ed Africa il colosso bianco e blu può vantarsi di non temere rivali, la situazione cambia in Sud America e drasticamente in Asia.
Il mercato più grande a cui Facebook ha dovuto rinunciare finora infatti, nonostante i numerosi tentativi, è proprio la Cina, dove per motivi di censura il social network è bloccato e non raggiungibile. Un bacino non da poco, considerando che QQ, rete sociale locale non invisa alle autorità, vanta quasi 800 milioni di utenti. Anche il Giappone è risultato un mercato ostico da conquistare.
Infatti, non sempre gli abitanti delle regioni orientali del globo riescono ad apprezzare qualcosa che per noi è quasi indispensabile. Prendiamo il Giappone, ad esempio: quello che è uno degli stati asiatici tecnologicamente più avanzati e con un buon tenore di vita dei suoi abitanti conosce a malapena cosa significhi la parola Facebook. Già, il social network di Mark Zuckerberg che tanto adoriamo e che tanto sembra ormai fondamentale alla nostra sopravvivenza è praticamente sconosciuto per la maggior parte dei giapponesi e, secondo alcune ricerche condotte dal sito Socialbakers, il numero degli utenti nel paese del sol levante è pari a circa 2 milioni, approssimativamente meno del 2% del totale degli abitanti.
Non vuol dire, però, che i giapponesi facciano completamente a meno dei social network, ma solo che sono altri i siti da loro preferiti, come Mixi, Gree e Mobage Town. Tutti hanno più di 20 milioni di utenti l’uno e, soprattutto negli ultimi mesi, sono tante le funzionalità che sembrano ispirarsi famoso cugino occidentale. Quella di Facebook in Giappone è una battaglia dall’esito altamente incerto, nonostante l’apertura a febbraio di un ufficio a Tokio.
Lo scopo? Creare una versione del social network più vicina ai gusti degli utenti giapponesi, dotata ad esempio di informazioni giudicate importanti in oriente come il gruppo sanguigno.
Il problema, tuttavia, è radicato altrove: Facebook si basa su nomi veri, dove le relazioni interpersonali reali vengono trasportate anche nel mondo digitale. Cosa che i social network giapponesi non obbligano a fare e che, soprattutto, i giapponesi non amano, percependola al contrario come una minaccia alla propria privacy. Sembra, per questo, che i recenti finanziamenti ricevuti da Facebook verranno investiti proprio in questa direzione, cercando di colmare quello che per l’azienda è un vero e proprio “buco”. Con la Cina off-limits per le restrizioni del Governo, sarà il Giappone il nuovo obiettivo di Zuckerberg in oriente?

 

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