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Il risparmio dalle attività non ufficiali

L’economia non osservata, che nel suo complesso comprende l’economia sommersa, informale ed illegale, vale in un anno tra i 250 e i 290 miliardi di euro. Di questi 180-210 miliardi riguardano l’economia sommersa e quella informale; 70-80 miliardi provengono invece dalle attività illegali. Tutto ciò si traduce in un minore gettito per le casse dello Stato, soldi che invece potrebbero essere impegnati a favore di imprese e famiglie.
Ma lo studio Tecnè presentato martedì 10 marzo 2015 spiega anche altro. Il dato interessante, infatti, non riguarda esclusivamente il lato dell’offerta (chi fornisce, cioè, prodotti o prestazioni in maniera non ufficiale, che agendo in questo modo si alleggerisce del peso fiscale e degli oneri cui deve adempiere), ma anche il lato dei consumi, quindi la domanda, tramite l’acquisto di beni e servizi legali da operatori non ufficiali (per un valore di 100-110 miliardi di euro).

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In questo senso, per rendere l’idea, la spesa media mensile di una famiglia di quattro persone – che sul circuito ufficiale corrisponderebbe a 2.845 euro – su quello non ufficiale risulterebbe più contenuta, pari a 1.735 euro con un risparmio del 39% nella media nazionale (40% al Nord, 39% al Centro, 37% al Mezzogiorno).
Il risparmio avverrebbe ad ogni singola voce del vivere quotidiano. Per mangiare, ad esempio, si passerebbe da una spesa media mensile di 576 euro del circuito ufficiale ad una di 346 euro di quello non ufficiale (-230 euro). O ancora, alla voce “abitare”, la spesa “alternativa” sarebbe di 913 euro al mese contro i 1.291 del circuito ufficiale. Anche per le cure si noterebbe qualcosa di analogo: una spesa media mensile di 88 euro verrebbe quasi dimezzata nel caso in cui ci si rivolgesse a chi svolge attività in via non ufficiale.
Tali “espedienti”, per l’offerta quanto per la domanda, rappresentano in qualche modo un negativo riflesso della crisi economica e racchiudono un’esigenza evidentemente condivisa: contenere le spese, sia che esse riguardino l’abbattimento dei costi amministrativi dell’attività da un lato sia che riguardino una gestione più oculata del bilancio familiare dall’altro.
Il divario fiscale che ne deriva, considerando le principali componenti (economia sommersa ed economia informale) risulta così superiore ai 90 miliardi di euro, di cui 55 di mancato gettito e 14 dei quali recuperabili rendendo più efficaci gli strumenti di contrasto già previsti. Risorse che, se destinate nell’eventualità a imprese e famiglie, potrebbero dare un contributo rilevante alla crescita economica del nostro paese.

(articolo pubblicato l’11 marzo 2015 su Tgcom24. Qui la ricerca completa di Tecnè)

 

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