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Usa 2016. Mike Pence, il conservatore che mancava

Chi è il candidato vicepresidente del Partito repubblicano e perché Trump ha scelto proprio lui
di Fabio Germani

mike_penceMike Pence, dice Trump, è stato la sua prima scelta. Il fatto che ciò non corrisponda al vero è superficiale: “Insieme aggiusteremo l’America e la renderemo di nuovo grande”. I due, Trump e Pence, hanno partecipato alla trasmissione 60 Minutes della Cbs prima della convention di Cleveland e non sono apparsi particolarmente affiatati. Trump è il più tipico degli “one man show”, Pence è un conservatore tutto d’un pezzo e nelle ore precedenti era girata voce secondo cui il candidato alla Casa Bianca fosse già pentito della decisione presa. I più maliziosi pensano che Pence sarebbe dovuto essere per Trump la pedina giusta per arrivare ai soldi dei fratelli Koch, ricchi imprenditori da sempre legati al Partito repubblicano. Ma pare invece che Charles e David non abbiano stavolta intenzione di farsi coinvolgere nella campagna elettorale. Nonostante, appunto, le tante figure che gravitano attorno a loro.
Pence, 57 anni, tre figli, ex conduttore radiofonico, è un conservatore tutto d’un pezzo dicevamo, ma lui si definisce – in quest’ordine rigoroso – un cristiano, un conservatore e infine un repubblicano. È il governatore dell’Indiana, non un politico conosciutissimo (Newt Gingrich e Chris Christie, gli altri che erano in lizza per il posto di VP, lo sono di più), ma nemmeno uno di quelli che passa inosservato. Cresciuto democratico nel mito di John F. Kennedy in una famiglia di chiare origini irlandesi, appartiene all’ala cristiano-evangelica del Gop e ha idee parecchio diverse da Trump su molti argomenti, in materia economica e non solo. Ad esempio, alla promessa elettorale di Trump di vietare l’ingresso ai musulmani, Pence rispose indirettamente in questo modo:

Come da copione Trump e Pence sostengono ora che hanno molto in comune. Che all’inizio delle primarie Pence abbia sostenuto Ted Cruz – che alla convention di Cleveland ha negato l’endorsement al ticket – è oggi elemento superfluo anch’esso.


I fischi a Ted Cruz a Cleveland (20 luglio 2016)

ASCESA DI MIKE PENCE
La storia di Mike Pence, avvocato, è strettamente legata allo Stato che amministra, l’Indiana, dove è nato e cresciuto. Provò a entrare nel 1988 alla Camera, senza successo. Per un po’ lasciò perdere, poi nel 2000 riuscì a farsi eleggere al Congresso – dove si è occupato di relazioni internazionali, tra le altre – e venne in seguito confermato per quattro mandati consecutivi. Nel 2012 in tanti lo volevano prossimo ad annunciare la sua corsa alla Casa Bianca, ma lui spazzò via i pettegolezzi candidandosi a governatore dell’Indiana. Carica che occupa dal gennaio 2013.

ECONOMIA
A forzare la mano, considerando cioè le sue convinzioni religiose e quelle in campo economico, potremmo allora definire Pence un liberal-conservatore. Al contrario di Trump – ma parliamo di qualche tempo fa, chissà che non cambi idea nell’immediato futuro – non ha mai espresso posizioni protezioniste. Anzi, nel 2014 si disse favorevole al TPP (Partenariato Trans-Pacifico) perché gli accordi di libero scambio favoriscono lavoro e sicurezza. Nel 2010, poi, appoggiò l’iniziativa con a capo Sarah Palin – quella Sarah Palin, controversa candidata repubblicana alla vicepresidenza nel 2008 e oggi fervente sostenitrice di Trump, già beniamina del Tea Party – di firmare un appello contro la Fed (Federal Reserve, la banca centrale statunitense), troppo impegnata a stampare moneta e a creare inflazione (quantitative easing), una misura che un manipolo di economisti di destra ed esponenti del partito ritenevano evidentemente controproducente, non volta alla crescita, bensì all’indebolimento del dollaro. Inutile sottolineare che è stato tra i più strenui oppositori dell’Obamacare.


Uno stralcio dell’intervista congiunta a Trump e Pence sulla Cbs

RELIGIOUS FREEDOM RESTORATION ACT
Il nome di Mike Pence è legato al Religious Freedom Restoration Act, legge varata in Indiana alla fine di marzo 2015 (non senza polemiche). Prima, però, un passo indietro. Pence è molto religioso e non ha mai nascosto le sue posizioni su temi sensibili quali aborto (assolutamente contrario) e matrimonio tra persone dello stesso sesso (altrettanto contrario). Il Religious Freedom Restoration Act è una legge, in questo caso statale, che si basa sul modello della legge voluta da Bill Clinton nel 1993 sulla libertà religiosa, poi limitata dalla Corte Suprema nel 1997 a livello federale. Alcuni Stati, perciò, hanno provveduto negli anni a riempire il vuoto legislativo. Sostanzialmente si tratta di una misura che serve a tutelare, sulla base del credo religioso, le persone o le società per i loro comportamenti in caso di contenzioso o accuse. Tale condizione ha spinto però diversi osservatori a considerarla una legge potenzialmente omofoba e discriminatoria nei confronti di determinati individui. Immaginiamo un esercente che si rifiuta di servire un cliente perché omosessuale: più o meno questo. In una fase delicata della lotta per i diritti dei gay (la Corte Suprema avrebbe stabilito nel mese di giugno che i cittadini, tutti i cittadini, possono sposarsi con chi vogliono) si alzò un polverone mica da poco. Qualcuno, più cinicamente, fece notare che anche turismo ed economia sarebbero stati messi a rischio con una legge del genere e siccome pure l’Arkansas stava approvando il suo Religious Freedom Restoration Act, toccò proprio a Mike Pence fare il primo passo indietro. Il futuro candidato a vicepresidente spiegò che non era certo sua intenzione creare le condizioni per possibili discriminazioni, ma riconobbe che la legge – ormai percepita in questo modo – doveva essere cambiata per non lasciare ulteriore spazio alle polemiche. A favore di Pence c’è da dire che alcuni (pochi a dire la verità), tra giuristi e attivisti per i diritti gay, non hanno criticato il provvedimento che a loro parere avrebbe dovuto riguardare solo la libertà religiosa, non altri argomenti tipo le nozze tra persone dello stesso sesso.

IL PENCE-PENSIERO (NEL 1997, E ANCHE DOPO)
Non appena Trump ha annunciato il nome del suo vice, i media americani non hanno perso tempo e subito hanno iniziato a scandagliare il passato di Pence. In particolare la Cnn e BuzzFeed hanno scovato due aneddoti interessanti, risalenti al 1997, che sembrano spiegare molto del personaggio. Ammesso che nel frattempo le sue opinioni non siano mutate, ovvio. All’epoca Pence scrisse un editoriale sull’Indianapolis Star, in realtà scovato da BuzzFeed nel 2015, in cui accostava le caramelle alle sigarette, ovvero a tutte quelle cose che possono provocare danni alla salute. L’industria delle caramelle, era il ragionamento, finanzia spot pubblicitari che vedono tanti giovani in America. Poiché le malattie del cuore sono tra le principali cause di morte – mentre a suo dire il fumo non uccide o quasi, concetto che ribadirà nel 2000 quando già occupava i banchi del Congresso – è doveroso, allora, contrastare l’obesità. E quali prodotti, se non le caramelle in misura maggiore, alimentano lo sviluppo dell’obesità? Dunque, a detta di Pence, lo Stato dell’Indiana doveva ottenere risarcimenti dalle aziende che contribuiscono alla cattiva salute e che provocano un costo addizionale sulle risorse sanitarie. Evitando l’accanimento ai danni dell’industria del tabacco.
Lo stesso anno – è la volta della Cnn – Pence scrisse un articolo, sempre sull’Indianapolis Star, per sottolineare l’importanza della famiglia e in particolare il ruolo della madre per la crescita, da un punto di vista emotivo, dei figli. Citando uno studio del National Institute of Child Health and Human Development, Pence specificava che la sua riflessione non era contro le madri che lavorano, ma contro “la grande bugia della madre che non ha importanza” (“un problema culturale”). Di qui la proposta di un minore carico fiscale per le famiglie così da non rendere necessaria l’assenza prolungata di entrambi i genitori perché impegnati nel lavoro. La Cnn ha inoltre riferito di avere fatto richiesta alla campagna di Pence di confermare eventualmente il suo pensiero, senza però ricevere risposta.

IL TICKET TRUMP-PENCE
Cosa ha spinto Trump a scegliere Pence? A ben vedere un suggerimento plausibile lo ha dato lo stesso governatore dell’Indiana parlando a Cleveland, dove i due sono stati formalmente candidati alle presidenziali di novembre 2016. Sul palco ha descritto Trump “uomo dalla forte personalità e dal grande carisma”, per cui “immagino cercasse un equillibrio”. Quella che all’apparenza si presenta come la più classica delle battute da proporre ad una vasta platea festante, è al contrario una parte di verità. Pence è un nome che riesce ad unire diverse anime tra le file repubblicane, che piace – cosa di non poco conto – a Paul Ryan, speaker della Camera e sostenitore “con riserva” della campagna di Trump, il quale auspicava proprio un nome à la Pence, cioè un conservatore con la schiena dritta (dato che il candidato a presidente viene considerato da molte anime un “diversamente conservatore”). In più Pence porta in dote una fitta rete di contatti in quegli ambienti, dal Tea Party ai rappresentanti più intransigenti nel Gop, ostili alla candidatura di Trump. L’uomo giusto, quindi, per ricucire il partito e colmare le distanze emerse durante le primarie.


L’intervento di Mike Pence alla convention repubblicana

@fabiogermani

Le puntate precedenti:
Usa 2016. L’ambizione di un’America post-razziale
Usa 2016. La questione razziale irrompe nella campagna elettorale
Usa 2016. Le (tante) sfide di Hillary Clinton
Usa 2016. Un socialista a Washington
Usa 2016. La politica estera secondo Donald Trump

 

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