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Fake news, perché ci crediamo?

Dalle euristiche alla pigrizia che non ci fa verificare le fonti. Sono tanti i motivi per cui spesso cadiamo nella trappola delle bufale
di Redazione

Nonostante sia un problema ormai riconosciuto e su cui i big di internet (e non solo) stanno lavorando, le fake news, ben costruite che siano, continuano a circolare. Secondo una tesi avanzata da studiosi americani le cause della diffusione di notizie false sono da ricondurre nella “pigrizia” delle persone che non verificano le news e le loro fonti. Infatti secondo lo studio condotto su un campione di 3000 volontari, il propagarsi delle bufale dipenderebbe da una tendenza tipicamente umana: quella di affidarsi a euristiche di giudizio, ovvero scorciatoie di pensiero che rendono veritiero un’esperienza (o una notizia in questo caso) in base a nostre precedenti conoscenze. La ricerca dopo aver sottoposto il campione al Cognitive reflection test – che misura la capacità di mettere in discussione le proprie reazioni a caldo –, mostrava loro alcuni post su Facebook, sia contenenti notizie vere che fake, per i quali dovevano esprimere il livello di accuratezza. Coloro che avevano ottenuto punteggi più alti nel primo test sono apparsi più in grado di distinguere le fake news, a prescindere dall’accordo con il contenuto che veicolavano.

L’ipotesi degli studiosi quindi darebbe una seconda spiegazione alla diffusione delle fake news, mentre la tesi ormai più riconosciuta imputa il mancato riconoscimento di una notizia non vera alla rete di contatti da cui le persone attingono per apprendere e informarsi. Come sottolinea anche il Rapporto Infosfera – su un campione italiano – le persone tendenzialmente sono portate a credere maggiormente a ciò che conferma una loro tesi, quindi sebbene l’87% dei 1500 intervistati ritiene che i social network non siano più in grado di offrire notizie credibili, l’82% di essi non risulta in grado di riconoscere una fake news sul web e, forse proprio per questo, l’87,7% ritiene che l’alta disponibilità di informazione libera sia sinonimo di professionalità e quindi attendibilità.

Dal rapporto emerge che il mondo mediatico è cambiato e questo modifica anche le condizioni che rendono una notizia, o una fonte, affidabile. La maggior parte degli intervistati dichiara di informarsi tramite media online dato il gran numero di ore che passa connesso: il 95% degli italiani utilizza internet tutti i giorni, di sui 43% è connesso almeno per 4 ore al giorno, mentre uno su tre lo è per più di 5 ore, con Facebook che monopolizza gli interessi, occupando infatti la metà del tempo che si passa su internet. Questa sovraesposizione al web comporta – nei casi più estremi, secondo la ricerca, anche stati d’ansia e insonnia – non appare preoccupare se rapportato al tema delle fake news: il 77,3% degli intervistati sostiene che le bufale che circolano su internet non siano uno strumento che indebolisce la democrazia, perché le fonti di informazione più affidabili, secondo il campione, resta il sistema di informazione tradizionale a cui è attribuito un peso maggiore. Si continua comunque a fare un largo uso dei free media, utilizzati dall’88,4%, spesso a discapito di informazioni più attendibili e di qualità.

 

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